Pellegrini: "Mi identifico nelle parole di Mou. Sono Fiducioso per il finale di stagione"
Il capitano giallorosso: "Se la Roma vincesse lo scudetto farei il Cammino di Santiago. Chi arriva a giocare con questa maglia deve essere animato da un certo spirito"
Lorenzo Pellegrini, in compagnia di sua moglie Veronica ha rilasciato una lunga intervista a SportWeek, settimanale della Gazzetta dello Sport. Tanti i temi affrontati dal capitano giallorosso: dal Mondiale con l'Italia alla qualificazione in Champions, passando per l'esperienza dei calciatori sui social network e dal rapporto con i suoi allenatori. Di seguito uno stralcio delle parole di Pellegrini.
Credi nella sfortuna? L'Europeo saltato per infortunio, la Roma di Mourinho che pare al di sotto delle aspettative.
"Non ci credo. Credo però nelle energie. Sono fissato. Ogni tanto leggo qualche libro su questo, l'ultimo è "La tua mente può tutto". Nella vita i momenti difficili ci sono, ma penso che non esista una realtà scritta. Si può cambiarla con lucidità e positività. Perciò iniziamo così: io credo che le cose andranno sempre meglio".
Se la Roma vincesse lo scudetto, sarebbe disposto a ripercorrere il Cammino di Santiago per arrivare a Compostela come fatto da ragazzo?
"Certo. E anche a fare molti chilometri in più".
Varrebbe anche per il Mondiale, se ci andiamo?
"Si deve andare. Purtroppo, per i nostri demeriti, abbiamo imboccato una strada difficile. Ne parliamo tra noi della Nazionale nel gruppo su WhatsApp. Pensavamo di avere in mano la situazione e invece…"
Senza Mondiale, ne uscirebbe ridimensionata anche la vittoria dell'Europeo?
"Non credo. L'Italia non ha vissuto solo per un mese, ma per un anno e mezzo le esperienze di un gruppo nuovo. Per quanto mi riguarda, i playoff sono uno stimolo: marzo può essere un'occasione per riprendermi quello che ho perso, anche se io mi sento parte del gruppo campione d'Europa. Tutte le difficoltà superate durante la qualificazione fanno parte del percorso. Poi è normale che i compagni abbiano vissuto un mese eccezionale e io abbia solo tifato per loro".
Com'è l'umore di un calciatore a casa dopo una sconfitta?
Veronica, la moglie: "Sicuramente Lorenzo è migliorato. Prima perdeva una partita, rientrava a casa e non mi rivolgeva la parola. Ora ha maturato questo spirito positivo che gli consente di affrontare le cose. E poi ci sono i bambini…"
Lorenzo: "A caldo è sicuramente dura. Poi quando ti vengono incontro i figli sei costretto a interagire. Come puoi non farlo?"
Come tante famiglie in vetrina, anche voi avete avuto un rapporto complesso con l'aggressività dei social.
"A me non dà fastidio quello che dicono su di me, sulla mia famiglia e i miei figli sì. Tanto. Ne ho parlato coi compagni anche in Nazionale. Forse è giusto che ci sia l'obbligo di presentarsi con nome e cognome. Confrontarsi è anche bello, ma bisogna farlo assumendosi la responsabilità di ciò che si dice". (...)
Sempre sui social, Lorenzo ha avuto problemi anche per via dell'amicizia con Immobile.
"Non me la prendo e, in fondo, la capisco anche questa cosa. O meglio: non la capisco, ma fa parte del gioco. So che rivalità ci sia e, se uno me lo fa notare, va bene. Ciro è un ragazzo eccezionale e siamo legati anche con le famiglie, però quando scendo in campo è un'altra cosa. Se giocassi contro mia madre, diventerebbe un avversario, farei fallo pure a lei. Non ho fatto niente di sbagliato, ma non me la prendo se i tifosi si arrabbiano per una foto con Ciro. È diverso dall'episodio della nascita di mio figlio".
Essere capitano della Roma è un onore, ma anche un onere?
"A noi piace la semplicità in cui viviamo, ma per me le cose sono cambiate. La fascia è una responsabilità, in campo e fuori. La mia sta anche nel far capire ai nuovi che questa non è una maglia qualunque e la Roma non è un posto di passaggio".
Be', per molti campioni, da Alisson a Salah, in questi anni lo è stato.
"Questo è un discorso più ampio. Le cose stanno cambiando. Comunque anche in passato ci sono stati tanti che volevano restare a tutti i costi e non lo hanno potuto fare (...). Io faccio riferimento allo spirito che deve animare chi arriva a giocare nella Roma".
Essere capitano dopo Totti e De Rossi è difficile?
"Ho vissuto lo spogliatoio con Daniele e ho avuto un rapporto incredibile con Francesco nonostante avesse smesso. Loro sono stati grandi esempi. Soprattutto nell'approccio con chi arrivava dalla Primavera".
Non è strano che siano fuori dalla Roma?
"Penso che sia strano per tutti. Sono state due leggende e per il rapporto che ho avuto con loro dico che mi piacerebbe vederli ogni giorno a Trigoria. Ma penso anche che sia da rispettare le scelte che hanno fatto. Hanno intrapreso un percorso e non gli stanno regalando nulla, anche se si chiamano Totti e De Rossi".
Primo luogo comune: è stufo di sentire dire che uno scudetto a Roma ne vale dieci altrove?
"Sì. Questa frase fa parte della mentalità da cambiare. Se lo vinci e sostieni che ne vale dieci, significa che pensi sia stato un caso vincerne uno. La Juve ha vinto tanto per la loro mentalità, noi ci siamo avvicinati ma ci è sempre mancato qualcosa. Dobbiamo fare uno scatto in avanti".(...)
Pare avere uno spirito alla Mourinho. Dopo la sconfitta con l'Inter ha detto che dovete seguirlo di più.
"Mi identifico molto in quello che dice. La sua storia parla per lui. È venuto a Roma per trasmetterci la sua mentalità, ma ora contano i fatti. Dobbiamo lavorare ogni giorno meglio. Lui però si arrabbia per un pallone non dato, per una rincorsa non fatta. Mai sentito arrabbiarsi per un errore tecnico".
Che cosa stanno portando i nuovi acquisti?
"Maitland-Niles è arrivato il sabato e il giorno dopo ha giocato con la Juve, dimostrando già di essere pronto. Oliveira non ha bisogno di presentazioni: ha tutto per affermarsi in Serie A".
Ma si sarebbe immaginato tutte queste difficoltà? Siete indietro rispetto alle aspettative.
"I cavalli si vedono all'arrivo e io sono fiducioso".
A Roma si è parlato molto di arbitri.
"E invece bisogna fare un passo indietro, perché nessuno ce l'ha con noi. Anche io mi sono lasciato troppo andare negli atteggiamenti. Certo, spero che episodi come quello con il Milan non si ripetano, perché ci aspettiamo che tutto col Var sia perfetto, ma occorre cominciare ad avere un atteggiamento migliore con loro".
Sono molto diversi Mancini e Mourinho?
"Sì. Mourinho ti trasmette qualcosa che, se non hai, comunque viene fuori. Mancini ti dà serenità, così rischi una giocata che altrimenti non rischieresti. Mourinho chiede molta verticalità, Mancini cerca più il possesso palla per avere la partita in controllo. Una volta, ad esempio, stavamo facendo un esercizio a Coverciano e lui ci chiamò tutti in mezzo al campo. Ho pensato "Adesso ci rimprovera". E invece ci disse: "Ragazzi, ma siete bravissimi! Dovete credere di più in voi stessi". (...)
Quando è stato ceduto al Sassuolo, era convinto che sarebbe tornato alla Roma?
"Era il mio obiettivo, una sfida. Il club aveva quella recompra che i miei agenti si erano inventati. Era un controsenso: mi hai venduto a un milione e mi ricompri a dieci? Lì è stato bravo Massara, che mi ha rivoluto".(...)
Lorenzo, in vista dei prossimi obiettivi, ha ancora spazio per qualche tatuaggio vero?
"Certo. Se vinco il Mondiale o una Champions con la Roma, entrano di sicuro nella mappa. Sono ottimista. Vedrà che intanto andremo sia in Qatar che in Champions. Io ci credo".
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