AS Roma

Abraham l'imprescindibile: 15 gol in 29 gare, meglio di Voeller, Balbo e Dzeko

Negli ultimi 35 anni solo Batistuta ha fatto meglio in giallorosso. Tra i centravanti Under 25 della Serie A soltanto Vlahovic segna di più. E con l'Empoli farà 30 presenze

PUBBLICATO DA Lorenzo Latini
22 Gennaio 2022 - 09:46

Quindici gol in ventinove partite: è il bottino di Tammy Abraham in maglia giallorossa, uno score che fa dell'avvio del centravanti inglese con la Roma uno dei migliori di sempre. Praticamente lo stesso rendimento di Vincenzo Montella, che alla prima stagione all'ombra del Colosseo impiegò una partita in meno (28) per raggiungere il traguardo dei 15 gol. Un avvio, quello di Tammy, migliore persino di bomber del calibro di Rudi Voeller (5 gol in 28 gare alla prima stagione), Abel Balbo (13 reti in 32 partite nel 1993-94) ed Edin Dzeko (10 centri in 39 gare). Negli ultimi trentacinque anni, l'unico numero 9 (anche se vestiva il 18) in grado di far meglio è stato Gabriel Omar Batistuta: nella stagione 2000-01, la sua prima in giallorosso, al Re Leone bastarono 17 partite per raggiungere i 15 gol. Un apporto che si rivelò decisivo per riportare il tricolore a Roma.
Che impatto!
Se i paragoni non tengono conto di curriculum, età e altri fattori, lasciando quindi il tempo che trovano, i numeri collezionati fin qui da Abraham sono di tutto rispetto. E pensare che qualcuno, fino a poche settimane fa, aveva ancora il coraggio di chiedere a Mou se Tammy fosse o meno un centravanti in grado di garantire 20-25 reti a stagione. Lo "Special One", dal canto suo, non ha mai avuto dubbi, e i numeri dell'ex Chelsea gli stanno dando ragione. Considerando che attualmente è a 15 gol, e che la stagione è ancora lunga, il ventiquattrenne londinese può migliorare ulteriormente il suo score. E il dato è ancor più positivo se si tiene conto che Tammy arriva da un campionato straniero: l'ambientamento al calcio italiano e alla Serie A spesso richiedono tempo, come testimonia anche il rendimento di alcuni tra i migliori attaccanti stranieri passati per la Serie A.
Tra i centravanti che attualmente militano nel nostro campionato, soltanto Vlahovic (20 gol in 24 partite) e Immobile (21 in 25) hanno segnato di più. Lo stesso Dzeko, da cui Abraham ha ereditato il numero 9 a Roma, ha segnato 11 gol in 28 gare. Hanno segnato meno reti, ma hanno una media-gol migliore per partite disputate Zapata e Simeone (22 partite e 12 centri per entrambi). Andando a dare uno sguardo ai centravanti sotto i 25 anni che militano in Serie A, è il solo Dusan Vlahovic ad aver fatto meglio; per rendere l'idea, Lautaro Martinez, coetaneo di Abraham, ha segnato meno (ma è pur sempre una seconda punta, non un centravanti "classico").

Imprescindibile

Il ragazzo, dal canto suo, si è calato alla perfezione nella realtà giallorossa, ambientandosi immediatamente e creando un feeling immediato e viscerale con i tifosi, con il tecnico e con i compagni. Mourinho, del resto, è stato «decisivo» per convincere Tammy a trasferirsi nella Capitale, e da quando l'inglese è sbarcato lo ha schierato praticamente sempre: in campionato ha saltato soltanto una delle 22 gare fin qui disputate, per squalifica, nel ko casalingo contro l'Inter. Proprio la squadra che la Roma si troverà ad affrontare nei quarti di Coppa Italia. Nelle altre 21 partite è sempre stato titolare. Nella fase a gironi della Conference è subentrato nelle prime tre, ha giocato invece dal primo minuto le altre tre. Niente turnover per lui, quindi: troppo importante il suo lavoro per la squadra per poter decidere di farne a meno, nemmeno in un ottavo di Coppa Italia. Lui ha risposto presente, con un assist e un gol (prontamente festeggiati sui social, dove è sempre molto attivo): una spizzata di testa per l'1-1 di Kumbulla, quindi la rasoiata su tacco di Zaniolo che ha permesso alla Roma di portarsi in vantaggio.
A Empoli Abraham si appresta dunque a collezionare la sua trentesima presenza in giallorosso. L'obiettivo è quello di entrare ancor più prepotentemente nella storia del Club, ma sempre conservando l'umiltà che lo contraddistingue e che lo porta a dire dopo ogni gara: «Devo migliorare». Del resto, è questo che fanno i veri campioni: non si accontentano mai, hanno sempre fame di crescere.

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