Londra, Roma, Londra: con la sconfitta in testa e due colori nel cuore
La Città Eterna si sveglia, ma sotto l’aereo è già Tirreno. Siamo sicuri che sia “giusto”? È giusto spendere soldi e fatica per questa relazione a distanza? Sì, lo è
Questa è la storia di un amore. Un amore che non si è fermato nonostante da molti anni si alimenti principalmente dall'altro lato della Manica. Questa è anche la storia di un ragazzo che torna spesso a Roma per vedere la sua squadra. Nella buona e nella cattiva sorte. Da Londra, dove vive e lavora, e da cui non ha intenzione di andarsene. "Ma perché non vai a vederti l'Arsenal che sta a venti minuti a piedi da casa tua?". "Costa troppo". Ma la verità è che nonostante il fascino del football inglese, per quel ragazzo cresciuto a Castro Pretorio e trapiantato a North London, il calcio è la Roma. Punto e basta. È martedì, ore sei del mattino. Siede su un aereo che lo riporta a casa sua, in Inghilterra, e ripensa a quello che è successo domenica sera. Il precedente ritorno a casa, dopo un 3-0 per l'Inter, era stato pregno di orgoglio, con la Curva Sud che aveva spronato lo stadio intero a cantare "Ale ale Roma alé" per oltre un quarto d'ora. Anche per chi vive nel Regno Unito da dieci anni, un aereo Roma-Londra non è mai facile, soprattutto se hai perso una partita così con la Juve. Sarà la pandemia, che ci ha fatto rendere conto di come i piaceri della vita siano sfuggenti, sarà il nuovo provvedimento del governo, che limita la capienza a 5.000 posti per le prossime due giornate, ma regna la sensazione che quella coi detestati bianconeri sia stata l'ultima partita allo stadio per molto tempo.
L'alba a Fiumicino è gelida. Anche questo riporta a domenica sera, quando il freddo in fondo era l'ultimo problema. Piuttosto la solitudine nel settore, dovuta a un repentino cambio di posto dalla Sud alla Nord per permettere il passaggio dal 75% al 50% di capienza. Venire a Roma per onorare quel patto d'amore non è facile. Ma è la solitudine, sentimento spesso noto agli emigrati, a fare male. Gli amici incontrati a Piazza Mancini sono tutti in altri settori, mentre i tifosi si affannano a cercare un posto distanziato nelle file più sguarnite, tutti muniti di mascherina FFP2 come indicano le nuove regole. "Così per me non è stadio". Ma il covid-19 e i suoi effetti devastanti non sono un'invenzione e da due anni l'inverno è la stagione della paura. Intanto la musica scelta dalla Roma rende il prepartita in solitudine meno malinconico. Da "Hate to say I told you so" dei The Hives a "Mai sola mai". Poi ci pensa il calore di "Roma Roma" a ricordare che non c'è freddo che tenga. Giochiamo noi.
"Sembrava troppo bello". L'hostess mima le solite regole di sicurezza, intanto l'alzataccia alle 4 del mattino comincia a farsi sentire. Forse il sonno prende il sopravvento sulla frustrazione. Prima solitaria, poi condivisa nuovamente con gli amici fuori dall'Olimpico dopo quel secondo tempo. La mente vola di nuovo a quella serataccia. Ognuno a dire la sua, con la birra amara a condire un salotto che ricorda quelli di radio e tv locali. Il chiosco di Piazza Mancini ha una playlist Anni 90. "Ohi Maria" degli Articolo 31 e "Tra palco e realtà" di Ligabue stonano con la malinconia degli stati d'animo. Poi le note di "Strappati Lungo i Bordi" di Giancane, colonna sonora della quasi omonima serie di Zerocalcare, riportano all'attualità. La rassegnazione del ritornello, "Qui sembra tutto giusto, è tutto giusto", finalmente è coerente col momento. L'aereo parte. La Città Eterna si sveglia, ma sotto l'aereo è già Tirreno. Siamo sicuri che sia "tutto giusto"? È giusto spendere soldi e fatica per questa relazione a distanza? È giusto anteporla spesso ad affetti, famiglia, amici da vedere, commissioni da sbrigare, nei frenetici fine settimana romani di un emigrato? Prima che le palpebre si chiudano, la risposta arriva da sola. Sì, è tutto giusto. Forza Roma, lo grido da oltremanica.
Giacomo Paoloni, romano e romanista di nascita, vive nel Regno Unito da dieci anni, dove lavora nel settore pubblico.
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