Il rapporto tra Mourinho e la Juventus: amici mai
Le «aree di 25 metri» e i «tantissimi errori arbitrali» ai tempi dell’Inter. Nel 2018 il gesto di sfida allo Stadium. Storia di due visioni del calcio agli antipodi
Da sempre agli antipodi: ci potrebbe sintetizzare così il rapporto tra José e Mourinho e la Juventus. L'uno, il portoghese, da sempre contro il Palazzo, l'establishment, il potere costituito: un outsider che, nonostante abbia seduto sulle panchine più prestigiose d'Europa, ha sempre scelto l'altro lato della barricata. L'altra, la Vecchia Signora, dell'establishment e del potere è la rappresentazione perfetta, perlomeno all'interno dei confini italiani.
Il rapporto, spesso burrascoso e scandito da battute e frecciatine reciproche, affonda le sue radici nella prima esperienza dello "Special One" in Italia. Inevitabile, se si tiene conto che Mou sedeva sulla panchina dell'Inter, rivale storica dei bianconeri tanto quanto la Roma. Era, all'epoca, uno José più guascone, provocatorio, attratto dalle schermaglie verbali. Come quando, il 3 marzo 2009, ormai prossimo alla vittoria del suo primo Scudetto, il portoghese pronunciò il suo personale discorso di Getsemani, quello riguardante la «prostituzione intellettuale» e i celeberrimi «zero tituli». In riferimento ai bianconeri, Mou disse: «Non si parla di una Juventus che ha fatto tantissimi punti per errori arbitrali». Apriti cielo. Non è da tutti parlare in maniera così diretta, specialmente nel mondo pallonaro italiano, ma Mou è questo: non ama i giri di parole, le frasi di circostanza e l'affettato aplomb che invece, in altri lidi e su altre panchine, si sprecano.
Lo dimostrò anche nella stagione seguente, quella del Triplete nerazzurro: il 5 dicembre 2009, in quella che fu l'unica sconfitta da tecnico dell'Inter contro la Juve, José venne espulso dopo appena 20' per aver rivolto all'arbitro Saccani un applauso ironico in seguito al gol di Chiellini. Tre mesi più tardi, per l'esattezza il 19 febbraio 2010, l'allenatore di Setubal commentò così la vittoria per 3-2 dei bianconeri contro il Genoa, arrivata grazie a un calcio di rigore inesistente: «Solo in Italia c'è un'area di 25 metri». Non servì specificare quale. In quel periodo l'Inter cominciava ad accusare la stanchezza e un po' di nervosismo, perciò Mou - da esperto psicologo qual è - decise di scagliarsi contro tutti, per proteggere i suoi dalle critiche: nel mirino la Roma, che cominciava a insidiare i nerazzurri, ma anche De Laurentiis e, ovviamente, la Juventus.
Prestare orecchio
Cambia la panchina, non la sostanza: il 7 novembre 2018, dopo aver espugnato lo Juventus Stadium con il Manchester United nella fase a gironi della Champions League, José entrò in campo e mostra l'orecchio a tutti i tifosi bianconeri, corredandolo con un ghigno da prim'attore consumato. La cosa non andò giù a Bonucci e compagni, che lo accerchiarono e gli rivolsero parole poco carine. Nel post-partita, José spiegò e (a modo suo) chiese scusa: «È un gesto che a freddo non rifarei, ma hanno insultato me e la mia famiglia per tutti i novanta minuti». Lui, moderno Edmond Dantés, sapeva che la vendetta è un piatto che va servito freddo e, dopo aver sopportato durante la gara, si sfogò.
L'ultimo capitolo della sfida tra Mou e la Vecchia Signora si è consumato il 17 ottobre scorso, e non si può dire che non abbia lasciato strascichi. La direzione di gara di Orsato è stata a dir poco disastrosa e non serve star qui a ricordare gli episodi. Dopo il triplice fischio, Mou disse: «Il quarto uomo mi ha dato che il vantaggio sul rigore non si dà, e a quel punto non ho più voluto discutere. Ma i soli tre minuti di recupero dimostrano un'intenzione». L'ennesima stoccata all'emblema del potere da parte di José, Don Chisciotte portoghese e anti-juventino.
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