Da quello rionale al calcio: il mercato, tra racconti e realtà
I tifosi hanno capito che questa società viaggia a fari spenti. Certa comunicazione questa cosa la considera un oltraggio e ne parla come immobilismo
Da ragazzino, tornando da scuola, passavo sempre dentro uno di quei mercati rionali in cui la merce non si vende solamente esponendola bene ma anche, o forse soprattutto, raccontandola, chiamando i clienti e convincendoli prima con le parole e poi – una volta a casa – con il sapore della frutta o della verdura comprata. Mia madre, prima di entrare, sapeva bene quello che serviva ma puntualmente tornava a casa con qualcos'altro. Un po' come capita alle società di calcio, specie nel mercato invernale, quando le necessità e le risorse disponibili viaggiano sempre su binari differenti… E così si parte sempre con l'idea di prendere, ad esempio, un esterno e si torna anche, certe volte solo, con un centrale di difesa. Potere delle circostanze, delle opportunità, dei rapporti e pure di certi procuratori che fanno raccontare i loro giocatori come fossero fenomeni e che poi, alle società, appioppano il 2x1 manco fossimo dentro uno spot degli anni ottanta: vuoi lui? Va bene, te lo faccio prendere ma poi ti accolli anche quest'altro mio assistito.
E torno, allora, alle buste della spesa di mia madre in cui, di riffa o di raffa, insieme alle fragole di ottima qualità il venditore di turno infilava, anche, i pomodori di seconda scelta a prezzo stracciato. Sapete dove vuole arrivare questo mio volo pindarico? Al mercato che più ci interessa, quello della ROMA. Quello di cui nessuno sa nulla e, allora, in molti – più o meno casualmente – si organizzano: a turno uno fa uscire fuori un nome e tutti gli altri lo commentano fino a generarne un altro, di nome, da aggiungere alla lista. Lista dalla quale, statisticamente, un acquisto "vero" – a posteriori… – salterà anche fuori e così tutti potranno dire «Lo avevo detto». Sapete una cosa? Trent'anni fa questa tecnica avrebbe strappato applausi… oggi solamente sorrisi. Perché per primi i tifosi – quelli consapevoli – hanno capito che questa società viaggia a fari spenti e se la strada apparirà buia sarà solamente perché, proprio lei, ha scelto di non illuminarla bisbigliando le loro idee a qualche amico ventriloquo. Solo che questa cosa certa comunicazione la considera un oltraggio e, allora, quel silenzio continuerà sempre ad essere raccontato come immobilismo, quei fari spenti come notte fonda, quel non sapere come mancanza di programmazione. E ogni giocatore che sbarcherà nella Capitale come un mezzo scarparo. Fico, no?!?
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