Salvatore Foti, il nuovo vice Mourinho: a 17 anni segnava in A, a 25 dovette smettere
Ha giocato l'Europeo U17 con Rocca poi è rimasto svincolato: la Sampdoria lo ha lanciato in A, e dopo l'ernia che lo ha fermato lo ha inserito nello staff di Giampaolo
Ha l'età di un giocatore ancora in attività il nuovo vice di Mourinho, Salvatore Foti, classe 1988 come Rui Patricio, giusto un anno più vecchio di Smalling e Mkhitaryan. Il collaboratore che prenderà il posto di Joao Sacramento nello staff tecnico del portoghese ha smesso a 27 anni, per un'ernia che non riusciva a guarire, ma ne aveva 25 quando giocò l'ultima partita: aveva concluso la stagione 2012-13 con il Lecce in serie B, quella dopo rimase inattivo per curarsi, poi andò al Chiasso, allenato da Gianluca Zambrotta, pochi mesi dopo rimase in Svizzera ma scese di categoria, al Balerna, in prestito, ma senza mai poter scendere in campo. E pensare che l'ultima annata, al Lecce in B, era stata di gran lunga l'annata migliore, quella in cui aveva stabilito il suo record di gol, 8, peraltro giocando solamente 15 partite: per farne 6, nei sei mesi passati al Vicenza nel 2007, ce ne erano volute 23. Prometteva molto da ragazzino, ma non segnava altrettanto: nel 2005 era il centravanti titolare dell'Italia, che giocava, da ospitante, l'Europeo Under 17. C'era Simone Palermo, punto fermo del centrocampo azzurro e della Roma Under 17 che aveva appena vinto il torneo di Arco, e tre prodotti del vivaio della Lazio: Lorenzo De Silvestri, Daniele Greco, che non è mai andato oltre la serie C e ha smesso a 26 anni, e Andrea Russotto, che però l'estate precedente aveva lasciato i biancocelesti per andare a giocare nella serie B svizzera, col Bellizona (stessa scelta fatta pochi mesi dopo da Raffaele De Martino). Russotto era il fantasista, davanti a lui, unica punta, Salvatore Foti, che giocò tutte e 5 le partite di quell'Europeo (l'ultima fu la finale per il terzo posto, vinta 2-1 sulla Croazia: vantaggio di De Silvestri, punto decisivo ai supplementari dell'ex laziale Di Gennaro, il pareggio lo aveva firmato Kalinic) senza fare mai segnare. Ma il tecnico puntava su di lui, e non lo mise mai in discussione, pure se i gol non arrivavano: era Francesco Rocca, che vedeva qualcosa di buono in quel centravanti che faceva la sponda per i compagni, aveva i piedi buoni, e non segnava di testa, pur superando il metro e 90. La sua riserva era l'interista Marco Dalla Costa, finito molto presto nelle serie inferiori (gioca ancora: nel Villar Perosa), perché l'unico rivale all'altezza, Stefano Okaka, pur essendo nato sul Trasimeno non aveva ancora il passaporto italiano. Foti era nato a Palermo, e cominciò a fare sul serio lontanissimo sia da casa che dai vivai più blasonati, nel Venezia, che però fallì nel 2005, due mesi dopo quell'Europeo Under 17.
Genova per lui
Non aveva segnato al grande appuntamento, ma era pur sempre titolare in nazionale e a parametro zero, così non tardò a trovare squadra: lo prese la Sampdoria, che in quegli anni stava investendo sul settore giovanile (i suoi coetanei vinsero lo scudetto Primavera 2007-08, contro l'Inter di Balotelli, ma lui era da tempo coi grandi). È stata la squadra del suo destino, quella in cui ha esordito in Serie A sin dalla prima stagione, prendendosi persino un paragone molto lusinghiero e un po' prematuro con Ibrahimovic: c'erano in rosa Bonazzoli, Bazzani, Flachi e Kutuzov, a gennaio ci fu il suo debutto (e la cessione di Marco Borriello al Treviso), a febbraio il primo gol, contro il Messina. Era la sua prima da titolare, un 4-2 in cui segnò anche Max Tonetto: Foti avviò l'azione del vantaggio, firmato da Castellini, si fece agganciare in area dal portiere (Marco Storari) espulsione e rigore trasformato da Volpi, e fissò il risultato (sinistro a porta vuota) al 95'. Rimase l'unico: a 18 anni aveva 15 partite e un gol in Serie A, a fine carriera pure, visto che i doriani lo prestarono prima al Vicenza, poi al Messina, al Treviso, al Piacenza e all'Empoli, riportandolo alla base solamente nel 2011, quando però erano retrocessi in B. Però i doriani lo ripresero a fine carriera, offrendogli un posto nello staff di Marco Giampaolo: la sua fortuna, visto che il taciturno tecnico di Bellinzona se lo è tenuto tre anni, portandolo dietro nelle brevi esperienze al Milan e al Torino. Un sodalizio che si pensava potesse continuare, poi si è inserita la Roma, offrendogli di lavorare con Mou: la classica offerta che non si può rifiutare.
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