La provocazione social del romanista Semprini: "Figlio mio non diventare della Roma"
Il giornalista "iperprotettivo" dopo il 7-1 a Firenze. "Il tifo per me è una malattia. Puoi perdere ma non in quel modo. Ora Rocca allenatore"
Fijo mio, vie' qua... Sta' a senti' a papà, scrisse Franco Califano. No, Rocco. Non lo promettere che non diventerai della Roma. "La Roma non si discute, si ama", ce lo sentiamo dire fin da quando siamo bambini. Già, l'amore. È proprio questo il punto. E per amore, capita che un padre sia disposto a tutto pur di proteggere il proprio figlio. Anche a costo di andare contro tutti i suoi principi.
«Le colpe dei padri non ricadano sui figli», è il post virale di Gianluca Semprini, romanista, giornalista e volto tv di Rainews 24, sulla sua pagina Facebook, pubblicato a caldo dopo Fiorentina-Roma di Coppa Italia con allegato un video in cui implora suo figlio di quattro anni, che si presta al gioco: «Promettimi che non diventi della Roma».
È questo il "grido di dolore", misto a rabbia e amore, che il papà che è in Gianluca rivolge al suo bambino che sta iniziando ad appassionarsi al calcio e ovviamente anche ai colori della Roma. Gli stessi che da quando è nato ama Semprini, che quand'era ragazzino costringeva suo padre, disinteressato al calcio, a portarlo a vedere Falcao dal vivo. Gli stessi colori che difendono le tre sorelle di Rocco, soprattutto la grande, di diciassette anni, abbonata in curva Sud con il padre per la Champions League. «Mia moglie è laziale, le mie figlie sono della Roma e quando è nato Rocco ho "egoisticamente" immaginato, forse anche sbagliando, di farlo giocare a calcio, di crescerlo giallorosso. Fanno tutti insieme l'album dei calciatori, mi fa piacere che mantengano queste tradizioni "antiche". Fosse per la madre l'avrebbe già iscritto a danza per farne il nuovo Billy Elliot...».
Quindi, ammesso e non concesso che sia davvero una protezione, Rocco non deve diventare della Roma, «o meglio, essere romanisti è un orgoglio, ma dovrà fare il suo percorso, senza obblighi». Della Lazio? «No, non esageriamo», dicono Gianluca e la gemella di Rocco, Maddalena, nel video. «Divento della Juve?!», dice e domanda il piccolo Semprini. Al limite «per non soffrire», dice Gianluca. Ma perché? È davvero così bello vincere facile? «Ma no, il post è nato tutto d'istinto per la delusione, dopo la partita. Io ero arrivato a casa tra un casino e l'altro di lavoro, ho acceso la tv, mi sono seduto con mio figlio sul divano, volevo solo passare un pomeriggio con lui e vedere una partita insieme, una cosa normale per moltissimi padri di famiglia. Puoi vincerla, puoi perderla. Ma non puoi perderla 7-1. Sul 4-1 Rocco si è messo a giocare... Che è la cosa peggiore. Così ho preso lo smartphone, mi è scattata la protezione da padre, quella che ti porta a non voler fare soffrire i figli, in amore, nel lavoro o nel tifo. E ho girato il video».
Non è mai solo calcio. Non è mai solo calcio, tra padre e figlio. Ma la Roma è forte, fortissima, per Semprini, che poi, cinque minuti dopo, già pensava a come battere il Porto: «Ma è chiaro. Siamo romanisti fino al midollo. Lo sapete bene com'è, già stiamo pensando che ci possiamo riprendere». Anche se questo è senza dubbio il momento più basso della stagione: «Squadra e società devono battere un colpo. Non sopporto vedere che i giocatori non si arrabbino. D'accordo, la sceneggiata di Dzeko, ma serve battere un colpo in qualsiasi senso. Non sono stato mai troppo critico nei confronti di Di Francesco ma a questo punto serve una scossa, a Firenze e non solo era in bambola anche lui. Sarei per una soluzione drastica: come Francesco Rocca. Serve la bandiera, voglio una squadra come quella di Radice, quella è un'annata che tengo nel cuore. Voglio giocatori che diano il fritto, perché ci basta quello per appassionarci. Va bene tutto, ma non questo distacco. Perché lo stadio ha bisogno di entusiasmarsi, anche solo per un recupero in scivolata su un'avversario».
Già, entusiasmo e stadio. Un binomio che manca. Semprini ci tornerà con il Porto nella massima competizione continentale: «Ci andrò con mia figlia. Anche se si è un po' perso il clima dello stadio che avevamo da ragazzi. È diventato paradossalmente più semplice di prima, perché non totalizza più la giornata come quando andavi ore e ore prima, ma - al di là se la Roma va bene o va male - è diventato meno entusiasmante. Però per i figli è un modo per stare insieme, un'abitudine sana».
Mentre insana, in senso buono, è la passione per la Roma di Semprini: «Io il giorno del derby sto male, non penso di dire una cosa diversa da qualsiasi altro tifoso». E per questo arriva latente quasi un «senso di colpa» nel tramandare una "malattia" del genere: «O comunque, per chiarire anche meglio tutto il discorso: il video voleva sdrammatizzare per non creare troppa pressione sul tifo per la Roma, perché se esagera come esagero io poi magari davvero s'iscrive a danza classica... (ride, ndr)».
Passione, senza freni, nel senso di patema d'animo: «Ogni tanto mi chiedo com'è possibile alla soglia dei 50 anni: ho quattro figli, vado tutti i giorni in diretta tv e questa cosa della Roma non mi passa. Forse è proprio questo il bello». Il bello, come il bello della diretta, specialmente quando devi conciliare gli impegni di lavoro e una partita della Magica: «Beh, io faccio di tutto. Sono sempre connesso in qualche modo anche se sto lavorando. Rimase storica quella volta che ero a Sky e c'era un derby (il 2-0 con doppietta di Totti a Muslera nel marzo del 2011, ndr) e io chiesi dalla diretta di vedere il televisore perché "dovevo aggiornare" e poi perché così "mi rilassavo vedendo il calcio"...Tra un servizio e l'altro quindi vedevo il Roma-Lazio. Mi capitò il countdown 3-2-1 del lancio proprio subito dopo il fischio dell'arbitro e il tocco di seconda per Totti che stava per tirare la punizione del gol. Sentii il boato in redazione dalla diretta e capii che aveva segnato. Fu tosta non lasciar trasparire nulla». E te credo.
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