Questione di maglia, è sempre colpa di Zaniolo
Se il numero 22 prende un calcio raramente viene ammonito l'avversario, più spesso è invitato lui a rialzarsi: si può parlare di pregiudizio
Il modo in cui gli arbitri si relazionano con Zaniolo è insopportabile.
Che se fossi Bart Simpson queste dodici parole le scriverei a ripetizione riempiendoci tutto il giornale. Già, insopportabile: non mi viene un altro termine o, più probabilmente, tutti quelli che mi passano per la testa non sono praticabili.
Parto dal presupposto che un talento così fulgido andrebbe protetto: questo, naturalmente, non significa che la classe arbitrale debba avere nei suoi confronti un occhio di riguardo ma nemmeno ad essere prevenuti… perché di pregiudizio si tratta. E così, fateci caso, se prende un calcio raramente viene ammonito l'avversario e con più frequenza, invece, è proprio lui quello ad essere richiamato. Il tutto – pietà – condito sempre da quell'atteggiamento stil Signorina Rottenmeier che gli arbitri si dipingono in faccia ogni qual volta hanno a che fare con Zaniolo.
Ecco… le loro espressioni piccate, manco fossero la maestra che ha beccato il monello della classe con le mani nella marmellata, le trovo intollerabili. Poi, lo so bene, lui non è un chierichetto ma – domanda retorica, risposta scontata – viene fin troppo facile interrogarsi se con un'altra maglia addosso, magari a strisce verticali, riceverebbe in dote lo stesso trattamento. Poco rispetto, eccessivo zelo e troppa voglia di fare i protagonisti invece che i figuranti: quanto meno faremo caso all'arbitro durante una partita, tanto più sarà stato bravo. Ed invece no, siamo costretti troppe volte ad assistere ad inutili show sulla pelle della ROMA e sulle spalle di un ragazzo che – è sempre bene ricordarlo – ha lasciato in dote alla Nazionale un crociato: quella cicatrice sul ginocchio non conta.
Così come non contano certi falli che subisce perché tanto, invece del giallo per il difensore, troppo spesso ad alzarsi è stato solamente il braccio dell'arbitro per invitarlo – manco tanto – a tirarsi su. Il tutto, neanche a dirlo, accompagnato dal solito sorrisetto sarcastico.
Sapete una cosa? A Federico Chiesa per passare da simulatore conclamato a «Ragazzo che non molla mai» è stato sufficiente cambiare maglia. Mi auguro allora, con tutto il cuore, di non dover mai sentir dire di Zaniolo che è «Un talento italiano da tutelare»…
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