Zeman, Capello & Co: 20 anni con il Palazzo contro
Nel 98-99 i giallorossi "scontano" le dichiarazioni del boemo sul calcio fuori dalle farmacie, nel 2002 don Fabio dà ragione a Sensi, che aveva parlato di «associazione a delinquere»
«È una lunga storia», come si dice in questi casi: quella tra la Roma e gli arbitri ha i contorni di un film dell'orrore, o quantomeno di fantascienza, se prendiamo in esame certe decisioni prese dai direttori di gara nei confronti della Roma. Da sempre, il Club giallorosso ha dovuto fare i conti con sviste, errori, rivisitazioni del regolamento, norme nebulose e casi che hanno fatto giurisprudenza (in negativo per noi, s'intende). E, soprattutto, ci sono state stagioni in cui le direzioni arbitrali hanno fortemente condizionato non solo l'andamento di una partita, ma di un'intera stagione. Come nel 1998-99, secondo anno di Zeman sulla panchina della Roma: il boemo, in estate, parla di un calcio che «dovrebbe uscire dalle farmacie e dagli uffici finanziari». Il riferimento è chiaro e il tempo darà ragione al tecnico. Del resto, già l'annata precedente aveva evidenziato certe dinamiche "occulte" (avete presente Ronaldo-Iuliano?) da parte di chi, poi, fu protagonista di Calciopoli. L'8 febbraio 1998, a Torino, sotto la direzione dell'arbitro Messina, alla Roma viene negato un rigore tra i più solari di sempre (tackle da dietro di Deschamps su Gautieri) e Petruzzi viene espulso. Ma quanto detto da Zeman pochi mesi dopo, quel riferimento a ciò che porterà al processo per doping, costa caro alla Roma 1998-99. Una serie di nefandezze pressoché chirurgiche, da parte degli arbitri, fanno sì che nella prima stagione in cui quattro italiane si qualificano per la Champions, la Roma arrivi quinta. «Eh, ma bisogna essere più forti degli arbitri...», si sentirà in giro.
Lo sfogo di Capello
Con l'arrivo in panchina di Fabio Capello le cose sembrano cambiare, ma è solo un fuoco di paglia. Dopo lo Scudetto, si torna ad assistere a scene già viste. E quando Franco Sensi, stanco dei continui torti subiti nella stagione 2002-03, parla di «associazione a delinquere», arriva la bastonata. Il 16 novembre 2002, al termine di un Roma-Inter 2-2, Don Fabio critica la direzione arbitrale di Racalbuto e sbotta: «Aveva ragione Sensi: quanto accaduto oggi legittima le sue parole della settimana scorsa. Tutto questo non si può combattere, l'unica soluzione è andare all'estero». O al limite in un club a strisce del Nord Italia, come farà il tecnico di Pieris. Ma questa, come recita l'adagio, è un'altra storia. Gli errori proseguiranno per tutta quella stagione, chiusa dai giallorossi all'ottavo posto.
Da Spalletti a Rudi Garcia
Il 2007-08, anno del centenario dell'Inter, la Roma prova fino all'ultimo a soffiare il tricolore ai nerazzurri. Che però avranno più di un episodio arbitrale a favore; su tutti, il rosso a Mexes in Inter-Roma del 27 febbraio; Totti ci porta in vantaggio, nel finale espulso il francese e pari di Zanetti all'88'. Si dice che a fine stagioni "torti" e "favori" si compensino: beh, quell'anno non è così. E non lo sarà nemmeno nel 2013-14: con dieci vittorie di fila, la Roma di Rudi Garcia si porta in testa. Poi arrivano quattro pareggi di fila con numerosi episodi da moviola a penalizzare i giallorossi. La Juve ne approfitta per scavalcarci in classifica grazie alle vittorie contro Torino e Chievo che gridano vendetta per via della direzione arbitrale. E questo solo per quanto riguarda gli anni più recenti, senza voler scomodare moviole in bianco e nero. Ma tant'è, perché se qualcuno prova a sollevare la questione la risposta è sempre la stessa: «Devi essere più forte dell'arbitro».
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