Se i divieti sono vietati la tendenza è corretta
Il modello imposto in Italia negli ultimi anni ha chiaramente fallito. Giusto aprire i settori e ripristinare treni speciali per le trasferte
Sono sincero: a volte la destra sembra la sinistra e la sinistra sembra la destra. È per questo che, per certi versi, alcune dichiarazioni del Ministro Salvini mi trovano sostanzialmente d'accordo mentre quelle che leggo su quotidiani che dovrebbero essere di sinistra sono retrograde, reazionarie e populiste.
Da sempre sostengo che lo Stato deve garantire l'ordine pubblico nella cornice costituzionale che prevede il diritto di circolazione, e quindi la dichiarazione con la quale il ministro dice di essere contrario agli stadi chiusi e al divieto di trasferta non può che trovarmi assolutamente d'accordo.
E questo non significa essere «amico degli ultrà», come Bocca scrive su Repubblica, ma semplicemente prendere atto del fatto che la sicurezza la si deve garantire con tutte le componenti presenti e non in assenza di esse.
Del resto, se a Londra giocano quasi una dozzina di squadre tutti i weekend e se la Thatcher – certo non tenera con gli hooligans – non ha mai vietato una trasferta un motivo ci sarà.
Il fenomeno del divieto è tutto nostrano. È quel modello italiano che per un periodo si è tentato di esportare in Europa, con tessere del tifoso, trasferte vietate, settori chiusi e che per fortuna non ha attecchito, anche perché – come si è visto – periodicamente la tragedia si ripropone e non è certo la tessera del tifoso ad impedirla.
Per quanto riguarda le trasferte, anche qui da anni sostengo che l'abolizione dei treni speciali ha reso il sistema più pericoloso, visto che gli incroci in autostrada piuttosto che nelle strade cittadine sono assai meno evitabili là dove le tifoserie sono costrette ad andare con i mezzi propri per questioni di risparmio e per l'impossibilità di viaggiare tutti insieme. Sì, conosco l'eccezione: «Eh ma quelli sfasciavano i treni», ed è verissimo, ma stiamo parlando di ormai più di venti anni fa, non esistevano neanche i telefonini. Era una situazione sociale del tutto diversa. Non credo sia neanche giusto trasformare un Frecciarossa in un convoglio metà speciale e metà destinato a normali viaggiatori, perché è evidente che si creino delle situazioni divertenti per il tifoso che va in trasferta, assai meno per chi magari torna a casa dopo una trasferta di lavoro.
Se si organizza per bene una trasferta, e se si rieducano le forze dell'ordine alla corretta gestione dei tifosi, visto che sappiamo bene che le nostre assai spesso per eccesso di zelo peccano assai sul punto, creando assembramenti, imbuti e, più in generale, non rispettando il tifoso pagante del biglietto del convoglio ed anche dell'ingresso allo stadio (sappiamo bene che molte tifoserie vengono fatte deliberatamente entrare a partita abbondantemente iniziata), allora tutto fila nel verso giusto, anche se – è ovvio – non potranno mai evitarsi del tutto degli screzi che, tuttavia, avvengono in qualunque parte del mondo, Inghilterra inclusa.
La legge anti-violenza è una tra le più severe di Europa - e qualcuno lo faccia sapere a Micciché - e fanno francamente ridere quelli che parlano di "modello inglese" con riferimento all'asprezza delle pene, perché in terra d'Albione il sistema giuridico è del tutto differente, non solo per gli stadi.
Comunque, sono anche d'accordo là dove si parla dell'assurdità del divieto di striscioni e della necessità del colore negli stadi: in questo Salvini può fare molto e tutto da solo. Basta che elimini con un tratto di penna il decreto ministeriale voluto ai tempi della tessera del tifoso dal (per fortuna ex) ministro Maroni, che ha stabilito regole cervellotiche per introdurre striscioni e materiale da tifo.
Gli stadi sono dotati di telecamere di ultima generazione e chi svolge la mia professione sa bene che chi delinque nello stadio non la fa franca, ferma restando l'assurdità delle sanzioni previste per l'utilizzo di artifizi pirotecnici e il Daspo per la cosiddetta "doppia multa".
D'accordo anche sull'assurdità della chiusura degli stadi, visto che le sanzioni pecuniarie sono più che sufficienti: del resto l'Italia ha scelto l'Arabia Saudita come terra in cui giocare la Supercoppa, che ha leggi che dovrebbero indignare qualsiasi occidentale, motivando il tutto con il "sistema generale" che ci fa fare affari con l'Arabia Saudita. Quindi, per questo nobile principio, noi possiamo giocare in uno Stato che discrimina uomini e donne, però se una tifoseria insulta un'altra per ragioni parasportive, allora si deve chiudere la curva.
Ah, a scanso di equivoci: non l'ho votato.
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