Florenzi e Mirante gli ultimi ex sull'asse Roma-Milano
L'esterno e il portiere i più recenti passati dal giallorosso al rossonero questa estate. Da Ago, Ancelotti, Maldera a Cafu, Elsha e Cristante: una lista che si allunga nel tempo
Tra Roma e Milano passano 476 chilometri in linea d'aria: una tratta frequentatissima, quella che separa la Capitale dal capoluogo lombardo, non solo da pendolari e fuorisede. Perché il calcio ci ha regalato un'infinità di passaggi dal rossonero al giallorosso e viceversa. Non solo calciatori, ma anche allenatori, hanno legato le proprie storie professionali (e spesso le proprie fortune) alla Roma come al Milan. Gli esempi più recenti sono quelli diFlorenzi e Mirante. Il primo era il capitano designato dopo l'addio di De Rossi, ma nel gennaio del 2020 è passato al Valencia in prestito per giocare con continuità. Poi un anno al Psg, prima di trasferirsi al Milan questa estate, in prestito con diritto di riscatto (ora è infortunato, domenica non ci sarà). Sempre questa estate anche Mirante ha lasciato la Roma: dopo tre anni il suo contratto non è stato rinnovato e a settembre ha firmato da svincolato con la squadra di Pioli.
Uno che nella storia giallorossa ha un posto unico e indelebile è il Capitano Agostino Di Bartolomei. Mandato via dalla sua Roma nell'estate del 1984, seguì Liedholm in rossonero per tre stagioni. C'è chi, come l'indimenticabile Aldo Maldera, arriva nel 1982 dopo aver vinto due scudetti con il Diavolo: a volerlo è Nils Liedholm, un altro che ha legato indissolubilmente il proprio nome alle due squadre; Aldo ha 29 anni, più di qualcuno maligna che sia venuto a Roma per svernare. Niente di più falso: diventa una colonna della Roma scudettata e la guiderà anche in Europa, salvo poi dover saltare la finale con il Liverpool per squalifica. Ma in tre stagioni, oltre al tricolore, conquista anche la Coppa Italia del 1983-84. «Io sono nato a Milano - si legge nel libro "Il mare di Roma" di Tonino Cagnucci - Ho vinto col Milan, sono arrivato tardi a Roma, ma ho scelto di restarci per sempre perché non sono più milanese, ma sono romano. E romanista».
Viani e gli altri
Nel Milan che vince la sua prima Coppa dei Campioni, il "Paròn" Nereo Rocco lavora a stretto contatto con il direttore tecnico Gipo Viani, che in precedenza aveva allenato la Roma, riportandola in Serie A dopo l'unica stagione di purgatorio nel 1951-52. In quella squadra c'è anche Paolo Barison, che per due stagioni (dal 1965 al 1967) vestirà anche il giallorosso. Dal Duomo al Colosseo passa anche il leggendario Pierino Prati, capace di segnare una tripletta in un'altra finale europea (contro il grande Ajax di Cruijff) e capace di entrare nel cuore dei tifosi romanisti grazie ai suoi gol nei derby e alle sue doti aeree. Sormani, invece, dopo una sola annata in giallorosso si accasa alla Sampdoria, ma nel giro di poco arriva la chiamata dei rossoneri, con i quali giocherà per cinque anni.
E poi il tedesco Karl-Heinz Schnellinger, che i giallorossi cedono al Milan nel 1965 (in rossonero rimarrà per nove stagioni); Andrea Vincenzi, attaccante classe 1956 cresciuto nel Milan che veste la maglia della Roma per una sola stagione, ma entra di diritto nella storia per aver segnato il nostro primo gol in Coppa dei Campioni; Roberto Antonelli, un solo gol nella Capitale ma nella partita giusta, contro i biancoceleste vestiti; Fulvio Collovati, un altro di scuola rossonera che passa due stagioni in giallorosso tra il 1987 e il 1989. La lista è lunga e arriva fino ai giorni nostri: da Stephan El Shaarawy, Alessio Romagnoli e Bryan Cristante, tre possibili protagonisti domenica che hanno fatto percorsi inversi tra le due città, a Christian Panucci e Philippe Mexes, due dei difensori più presenti (e prolifici) nella storia romanista. L'italiano, dopo gli anni al Milan, a Roma vince due Coppe Italia e una Supercoppa. E c'è anche chi, come la coppia uruguagia Ghiggia-Schiaffino, si ritrova nella Capitale giusto in tempo per contribuire alla cavalcata nella Coppa delle Fiere 1960-61: i due marcatori nel celebre "Maracanazo" del 1950 sono avanti con l'età, ma la loro classe non è tramontata. "Pepe" è reduce da sei anni con il Diavolo (durante i quali ha conquistato tre Scudetti), Alcides invece al Milan va proprio nel '61 - non partecipando quindi alla finale con il Birmingham - prima del ritorno in patria al Danubio. In giallorosso con lui passa anche un certo Gunnar Nordahl, di fatto a fine carriera, reduce da oltre duecento gol in sette stagioni milaniste.
Campioni d'Italia
Nella Roma di Liedholm ha un ruolo fondamentale Carletto Ancelotti: il "Bimbo", preso dal Parma quando ha solo vent'anni, vince uno Scudetto e quattro Coppe Italia, prima di accasarsi al Milan dove conquista altri due tricolori e due Coppe dei Campioni. Farà le fortune dei rossoneri anche da allenatore nell'ultimo ciclo vincente del Diavolo di berlusconiana memoria. Il suo ultimo anno di carriera da calciatore lo vive sotto la guida tecnica di Fabio Capello, sergente friulano che imiterà Liedholm trionfando sia a Roma sia a Milano. Cinque scudetti e una Coppa dei Campioni in Lombardia, il tricolore e la Supercoppa Italiana nel 2001 con noi, oltre a due secondi posti per Don Fabio, che in giallorosso ha vissuto anche un triennio da calciatore, tra il 1967 e il 1970. Nell'undici che riesce a riportare lo Scudetto nella Capitale dopo diciotto anni a difesa dei pali c'è Francesco Antonioli, lanciato proprio da Capello nel Milan. Poco più avanti, in difesa, gioca (saltuariamente, non rientrando nel terzetto titolare) Amedeo Mangone: milanese, cresce nel vivaio rossonero tra il 1984 e il 1987, prima di iniziare la gavetta in Serie C e B. Sulla fascia destra c'è il "Pendolino", Marcos Cafu: sei anni in giallorosso, dal 1997 al 2003, prima di passare a parametro zero al Milan dove rimarrà fino al 2008, quando deciderà di appendere gli scarpini al chiodo. Anche il suo connazionale Emerson passerà per Milano - due stagioni dal 2007 al 2009 - ma senza brillare come a Roma, Torino e Madrid. Subito dopo lo Scudetto, nella Capitale arriva anche Antonio Cassano: l'enfant prodige di Bari Vecchia con la Roma fa intravedere lampi di talento assoluto, intervallati però da troppi passaggi a vuoto e colpi di testa (non di quelli che finiscono in rete). Nel 2011 va al Milan di Allegri, dove vince lo Scudetto, salvo poi trasferirsi l'anno seguente sull'altra sponda dei Navigli, all'Inter.
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