Il nostro 2018, terza parte: quante ombre in avvio, poi il derby ci rialza
Un inizio di stagione da dimenticare. Perdiamo con Milan e Bologna, il Chievo ci ferma. La squadra va in ritiro, poi arriva il trionfo contro i biancocelesti
La stagione 2018-19 della Roma inizia ufficialmente il 9 luglio, giorno in cui si ricomincia a lavorare a Trigoria in vista di un campionato che parte il 19 agosto. Dieci giorni di lavoro intenso nel gran caldo romano, due amichevoli contro Latina e Avellino, quindi la partenza per la tournée negli Stati Uniti: la Roma sfida in International Champions Cup Tottenham (1-4), Barcellona (4-2) e Real Madrid (1-2). Con i blaugrana, eliminati tre mesi prima ai quarti di Champions League, incrociamo Malcom, che per un giorno era stato virtualmente un nostro nuovo giocatore. Ci sono persino i tweet ufficiali di Bordeaux e Roma a confermare l'operazione, ma quando si attende lo sbarco del brasiliano, arriva la notizia dell'inserimento dei catalani, che hanno alzato l'offerta.
Chi invece tiene fede agli accordi presi è Robin Olsen, che arriva al posto di Alisson (ceduto per 62,5 milioni più 10 di bonus al Liverpool) dopo l'exploit ai Mondiali russi con la Svezia, guidata fino ai quarti di finale. A proposito di Coppa del Mondo, Monchi ha visto trionfare un suo pupillo, portato a Siviglia nel 2015: si chiama Steven Nzonzi, è un centrocampista di rottura che sa anche impostare. Dopo una lunga trattativa con il suo ex club, Monchi chiude l'affare e il gigante francese sbarca a Roma il giorno prima di Ferragosto per 26,65 milioni di euro più 4 di bonus. È l'ultimo acquisto di un'estate che ha portato all'ombra del Colosseo dodici nuovi calciatori e che, a fine agosto, vede partire Kevin Strootman in direzione Marsiglia, dove raggiunge l'ex tecnico giallorosso Rudi Garcia.
IL NOSTRO 2018, PRIMA PARTE: DALL'ESPLOSIONE DI ÜNDER ALLE NOTTI DI CHAMPIONS
IL NOSTRO 2018, SECONDA PARTE: DA ROMA-BARCELLONA AL VORTICE DI CALCIOMERCATO
Robin Olsen nel corso della tournée americana della Roma @LaPresse
Quanti harakiri
Si parte subito col botto: al Grande Torino, contro i granata di Mazzarri, decide un eurogol di Dzeko all'89'. La prodezza del bosniaco, su assist di Justin Kluivert, risolve una gara complicata. Mai come quella che arriva sette giorni dopo, all'Olimpico l'Atalanta ci travolge nei primi 45' e si porta sul 3-1; nel secondo tempo la reazione è confusionaria e caotica, ma basta per acciuffare il pari. Florenzi accorcia e esulta rabbioso, Manolas fa 3-3 all'82'. Pari che invece sfugge al 95' a San Siro contro il modestissimo Milan di Rino Gattuso: finisce 2-1 per un Diavolo in verità piuttosto tiepido. L'auspicio è che la sosta possa in qualche modo permettere a Di Francesco di riassestare la squadra, e così sembra effettivamente nel primo tempo col Chievo il 16 settembre: andiamo sul 2-0, segnano El Shaarawy e Cristante e tutto pare filare per il verso giusto. Ma un secondo tempo totalmente scriteriato permette ai gialloblù di acciuffare il pareggio con Birsa e Stepinski: la Roma esce dal campo tra i fischi dei suoi tifosi e con il morale sotto i tacchi si prepara all'esordio in Champions contro i campioni in carica del Real Madrid.
Già, perché c'è comunque un cammino europeo da riprendere dopo i fuochi d'artificio della stagione precedente: promossi in seconda fascia grazie alle semifinali raggiunte nel 2017-18, ci ritroviamo in un girone comodo, in cui oltre ai madrileni figurano Cska Mosca e Viktoria Plzen. I Blancos, passati sotto la guida tecnica di Lopetegui, sono lontani parenti di quelli che hanno dominato l'Europa nelle ultime tre stagioni, eppure al Bernabeu non c'è partita: 3-0 per loro, gli unici giallorossi a salvarsi sono Olsen e l'esordiente Zaniolo, schierato a sorpresa dal primo minuto da Di Francesco.
La trasferta di Bologna capita (in teoria) a fagiolo per tentare di invertire la rotta, ma al "Dall'Ara" si completa lo sprofondo giallorosso: nel giorno in cui viene a mancare un pezzo di storia romanista come Giorgio Rossi, uno che si è preso cura della squadra per oltre mezzo secolo, la Roma si fa prendere a sberle dalla squadra di Inzaghi (che fino a quel momento non aveva segnato neanche un gol) in una partita senza né capo né coda per Dzeko e compagni. Non basta il settore ospiti del "Dall'Ara" con tremila romanisti, né l'avversario più che mediocre: di fatto, non arriviamo mai a tirare. Pallotta dagli States si dice «disgustato» e la società opta per il ritiro punitivo in vista dei due impegni casalinghi contro Frosinone e Lazio.
I volti dei giallorossi dopo la caduta di Bologna @LaPresse
Un tacco bello
I ciociari vengono regolati con un poker che ridà un minimo di ossigeno in vista alla stracittadina: segna subito Ünder, raddoppia Pastore ancora di tacco, El Shaarawy e Kolarov arrotondano il risultato per il 4-0. È presto per parlare di crisi alle spalle, troppo modesto l'avversario per risultare probante: il vero banco di prova diventa quindi la partita con la Lazio.
Pastore, schierato titolare nel nuovo 4-2-3-1 difrancescano, si fa male e viene sostituito da Lorenzo Pellegrini: il numero 7, al centro di molte critiche nelle settimane successive, con un colpo di tacco sotto la Nord ci regala il vantaggio subito prima dell'intervallo. Nella ripresa un errore clamoroso di Fazio spiana la strada al pareggio di Immobile, che si teme possa tagliare le gambe a una squadra troppo fragile emotivamente e fino a quel momento incapace di reagire alle avversità. Ma la Roma (per una volta) non si abbatte e continua a fare la partita.
A riportarci in vantaggio è il mancino dell'ex di turno: al 71' una perfetta rasoiata di Aleksandar Kolarov su calcio di punizione vale il 2-1 che fa esplodere lo Stadio Olimpico e "svenire" in mezzo al campo Daniele De Rossi. Quindi la zuccata di Fazio pochi minuti dopo chiude i conti e permette all'argentino di riscattarsi dall'errore precedente: game, set, match. Finisce in tripudio giallorosso, con la festa sotto la Curva Sud che - prima della partita - aveva realizzato una splendida coreografia tutta bandiere giallorosse, accompagnata da uno striscione che recita: «Giallorosso al ciel s'innalza... è lei che fa la storia!!!». La storia siamo noi, del resto, nessuno si senta offeso. Finalmente un pomeriggio "un tacco bello" dopo un avvio di stagione da dimenticare.
Il tacco di Lorenzo Pellegrini, valso il vantaggio nel derby @LaPresse
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