Roma-Genoa vista dallo stadio: la Sud scuote i giallorossi
Nella serata del record negativo di spettatori e dei 10 minuti di protesta Fischi un po’ per tutti e striscioni di dissenso, ma cori ancora più forti nelle difficoltà
Ufficialmente in 29.111, ma guardando con occhi esperti gli spalti dell'Olimpico sarà stato semplice a molti notare come diversi abbonati stagionali abbiano preferito declinare l'invito. Roma-Genoa e il ritorno al successo interno a distanza di oltre un mese, una sfida lontana parente di quella andata in scena una stagione e mezzo fa. L'avevano annunciato attraverso un lungo comunicato e così è stato: dieci minuti di silenzio assordante per contestare parole, proclami e scelte societarie. E così il prepartita del posticipo domenicale ha assunto le sembianze di un'attesa rabbiosa, con Ponte Amedeo Duca d'Aosta ornato con un lungo striscione di aperta contestazione. C'erano i romanisti, c'era la splendida minoranza che nonostante tutto non abbandonerà mai quei seggiolini al netto di un periodo difficile e una fredda serata dicembrina caratterizzata da vento e pioggia. "Non può piovere per sempre", recitava uno striscione esposto dai romanisti nel settore ospiti di Siena nell'inverno del 2004 riprendendo la celebra frase del film "Il corvo".
Ha continuato a scendere copiosa la pioggia mentre le squadre facevano il loro ingresso su un manto verde circondato da una cornice spettrale. Fischi, tanti. Per tutti o quasi, considerando gli applausi per il giovane Zaniolo e per il rientro, seppur in panchina, di capitan De Rossi. E non è un caso che il solo sedersi a ridosso del campo abbia coinciso con una vittoria, o almeno non lo è per le poche decine di migliaia di romanisti che - dopo dieci interminabili e sofferti minuti - hanno ripreso il loro canto indirizzando diversi cori di protesta nei confronti della presidenza. "21 punti in 15 partite…ve svejate?", il lungo telo esposto tra seggiolini tristemente vuoti, pronti però a ritrovare in pochi minuti i piedi dei possessori per spingere la Roma al successo. Al netto di una protesta più o meno condivisibile, considerando le divergenze di opinioni che da decenni caratterizzano un luogo eterogeneo nella sua inguaribile complessità, la reazione dei romanisti non si è fatta attendere. Che sia dopo un errore marchiano di Olsen, alle prese con la prima svista dopo tanti motivi di elogio, o l'inaspettato nuovo vantaggio ospite dopo il momentaneo pareggio di Fazio: palla al centro e cori di incitamento. Questo è stato il Roma-Genoa per loro, quello delle poche migliaia di romanisti arrabbiati, tristi, delusi ma mai disinnamorati. Come quel "Forza Roma alé" nel momento più difficile, come le bandiere e tantissime bandierette al cielo immaginando il rullio di tamburi. Come una ripresa impreziosita da quella voglia di stringersi un po' che non è stato solo un coro ripetuto a più riprese, ma un messaggio per riunire tutti sotto la stessa bandiera. Quella della amata Roma che ha lottato e sofferto, mostrando tutti i limiti tecnici e mentali di questo lungo periodo.
Tre punti d'oro in una serata diversa per gente speciale. Quei romanisti che non abdicheranno mai il compito di riempire il vuoto con canti e battimani. "AS Roma sarò sempre al tuo fianco", riecheggiava un coro partito nei pressi del tabellone della Sud. Sempre o quasi, perché qualcuno - molti - a Torino sabato sera non ci saranno per scelta e lo hanno annunciato in quel di Piazza Mancini attraverso uno striscione che dovrebbe far riflettere. Perché 65 euro per un settore ospiti sono tanti, forse troppi e allora nella mattinata di ieri hanno preferito non unirsi ai diversi romanisti già sicuri di poter popolare gli spalti dell'Allianz Stadium. Perché il calcio dovrebbe essere dei tifosi, per i tifosi. Quelli che domenica sera, dopo dieci minuti di doloroso silenzio, hanno ripreso a dar vita ad uno spettacolo nello spettacolo che spesso supera quello offerto del campo. Cantare per la Roma e gioire insieme a lei, per lei. Uniti in un abbraccio che, questa è la speranza, possa essere un nuovo punto di partenza per stringersi tutti un po' di più. Dalla presidenza alla dirigenza, passando per tecnico e calciatori e fino al cuore pulsante che mai smetterà di battere forte forte.
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