Kluivert: "La dedizione è tutto. Sui miei scarpini ho quattro bandiere"
Il calciatore giallorosso ha rilasciato una lunga intervista a 'The Players' Tribune': "Ammiro molto mio padre. A 14 anni ho capito che potevo diventare qualcuno"
Justin Kluivert ha rilasciato una lunga intervista al sito web The Players' Tribune, pubblicata sotto forma di lettera, in cui ha raccontato la sua infanzia e il suo rapporto col padre Patrik. "Abbiamo un padre famoso, il cognome Kluivert. Tante persone si aspettano tantissimo da te anche quando sei piccolo, già a nove anni", ha detto Justin. "Pensano che sarai il prossimo. E nella mia testa mi dicevo: Aspettate, ve lo farò vedere sul campo. Ve lo farò vedere. Casa nostra era a Noorderspeeltuin. Saltavamo la staccionata ed eravamo subito sul campo di gioco. Era molto facile. Quando nostra madre ci urlava di tornare a casa, quando faceva buio oppure se era pronto a tavola, saltavamo di nuovo. È lì che abbiamo imparato a giocare a calcio, lì mi sono fatto le ossa e ho imparato le basi. Giocando contro i ragazzi più grandi, cadendo, rialzandomi, perdendo e vincendo. Avevo circa 14 anni quando ho pensato: sì, posso fare qualcosa nel mondo del calcio. Già da qualche anno giocavo per l'Ajax, stavo andando bene. In quel periodo ho capito di avere delle buone qualità che avrebbero potuto essermi utili. E sì, quello è il momento in cui pensi come un ragazzo grande. Posso essere così bravo. Mi allenerò così, lavorerò meglio sul mio tiro e sul mio dribbling. In quel momento tutto è diventato un po' più reale".
"When you have the surname Kluivert, a lot of people expect something of you. ... I will show you. On the pitch, I will show you."
— Players' Tribune Global (@TPT_Global) 14 dicembre 2018
The journey of @OfficialASRoma and Dutch national winger Justin Kluivert has only just begun. #RemembertheName pic.twitter.com/WhWZjuKcxJ
"Ammiravo mio padre, è stato un grandissimo giocatore. [...] In questi giorni vedo ancora il suo nome spuntare quando si parla di calciatore più giovane a segnare in Champions League, questo o quell'altro. [...] La dedizione è tutto. Nulla cade dal cielo. Devi volerlo veramente, perché se chiedi a 100 ragazzi di 15-16 anni se vogliono diventare dei grandi calciatori professionisti, tutti diranno di sì. Il giorno dopo, però, vanno a una festa oppure dormono fino all'una. La dedizione deve esserci sin da quando si è piccoli. Parli con te stesso e ti dici: vuoi andare con i tuoi amici ma domani hai una partita? Allora domani non segnerai. È così che devi pensare. Il giorno dopo giochi il match dopo essere andato a dormire presto e segni. È questo a darti buone sensazioni, sai che ti aiuta. Ovviamente a volte puoi uscire con i tuoi amici, ma devi sapere quando puoi farlo e quando no. Se hai un sogno, devi fare di tutto per realizzarlo. Devi lasciare tutto il resto per arrivarci, è questo il punto cruciale. Sui miei scarpini c'è il mio cognome. Sullo quello sinistro c'è la bandiera dell'Olanda, la mia parte bianca, quella di mia madre. Sul destro ho le due bandiere del Suriname e di Curaçao. È la nazionalità di mio padre e anche la mia. Sul piede sinistro c'è anche la bandiera di Amsterdam, perché è da lì che vengo".
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