Gli inglesi nella Roma: da Garbutt a Chris
Era britannico il nostro primo tecnico, poi seguito da Burgess e Carver. Meteora Cole, oltremanica sono nati anche Perrotta e Strukelj. E ora c’è Smalling
Maestri inglesi, si diceva ai tempi pionieristici del calcio italiano. Ed effettivamente era così. Per questo chi poteva si affidava ad allenatori inglesi e la Roma appena nata si affidò al più famoso e più importante di tutti. William Garbutt, che dal 1912 era al Genoa.
Se gli allenatori ancora oggi si chiamano "mister", nel gergo calcistico, è perché così veniva chiamato lui. Se la Roma è «nata grande», perché al suo primo anno ha vinto un trofeo, è anche grazie a lui. Fu Ulisse Igliori, uno dei padri fondatori della Roma, ad adoperarsi per strapparlo al Genoa e lui guidò la squadra nei suoi primi anni di vita per due stagioni, 65 partite, vincendo la Coppa Coni e, soprattutto, insegnando un metodo di lavoro.
Da lui in poi, a lungo dall'Inghilterra a Roma sono venuti solo allenatori. Il più importante fu sicuramente Herbert Burgess, l'allenatore del primo derby, del 5-0 alla Juventus e di una delle stagioni migliori della nostra storia dal punto di vista statistico: nel campionato 1930/1931 la Roma vinse 22 partite su 34, con 87 gol all'attivo e vinse la sua prima partita in una coppa europea, 2-1 contro lo Slavia Praga. Struggente il suo addio quando, a metà della stagione successiva, gli fu annunciato che sarebbe stato sostituito. «E adesso chi penserà ai miei ragazzi?». Sarebbe arrivato Baar, ma tutti loro avrebbero continuato a tener presente i suoi insegnamenti. A Masetti insegnò come uscire («Tu padrone di area di rigore!»), lo stesso Fulvio Bernardini gli riconobbe di aver insegnato un modo di giocare altrimenti sconosciuto.
Per ritrovare un inglese alla guida della Roma bisogna poi arrivare al 1953 e al mai troppo apprezzato Jesse Carver. Subentrato a Varglien durante la stagione 1953/1954, fece giocare alla Roma il miglior calcio d'Italia. Nella stagione successiva si presentò con un gioco molto più pragmatico, non sempre apprezzato dalla stampa ma efficace: la Roma fu terza, miglior risultato tra il 1942 e il 1975, e in lotta per lo scudetto fino a poche giornate dalla fine. Il titolo sfuggì per una sconfitta interna assurda con la Fiorentina e per una sfortunatissima partita in casa dell'Udinese, seconda e poi retrocessa per irregolarità amministrative. La Roma non solo umiliò il Milan campione d'Italia per due volte, ma vinse anche le due partite con l'Inter. Quattro vittorie con le milanesi. Per tornare a vederle, abbiamo dovuto aspettare il 2016/2017.
Breve e controversa l'esperienza di Alec Stock nel 1957/1958, benché impreziosita da un gran derby vinto 3-0. All'undicesima giornata un misterioso disguido che lo fece arrivare tardi a Napoli, dove si ritrovò con la formazione già fatta dal direttore sportivo Busini, gli costò il posto.
I calciatori
Tecnicamente parlando, il primo giocatore inglese è stato Ashley Cole, arrivato nel 2014/2015 senza lasciare traccia. L'ha lasciata invece nella sua prima stagione Chris Smalling. Sfortunata la sua seconda, è ancora qui ed è atteso al riscatto. In Inghiterra, però, sono nati Simone Perrotta (e ad Ashton-under-Lyne, dove vive ancora lo zio, c'è una statua in suo onore) e Mark Tullio Strukelj. Il primo è stato grande protagonista dal 2004 al 2013, il secondo ha ballato una sola stagione, 1983/1984, ma ha giocato anche nella finale di Coppa Campioni. Anzi, il suo essere inglese, peraltro tifoso del Liverpool, fece venire qualche scrupolo di troppo al momento di scegliere i rigoristi. Lui in carriera ne aveva segnati 7/7. Allargandoci alla penisola britannica, dal Galles arrivò nel 1962/1963 un John Charles un po' avanti con gli anni ma che per qualche partita si rivelò un ottimo partner per Pedro Manfredini. Poi il logorio fisico non gli consentì di esprimersi com'era stato in passato. Meglio forse far arrivare da oltremanica un attaccante giovane?
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