Ayrton Senna era il Brasile, il Brasile era Ayrton Senna. Per il suo popolo egli ha rappresentato un vero e proprio riscatto, il figlio di un ricco imprenditore che ha deciso di fare fortuna in Europa senza l’aiuto del padre. La miniserie Netflix brasiliana Senna, ideata da Vicente Amorim, racconta non solo il mito, ma anche l’uomo dentro la tuta e il casco. Il suo rapporto con la famiglia e le donne da lui amate e la sua ferma volontà di aiutare il suo popolo a uscire dalla povertà ed esprimere il suo vero potenziale sono alcuni dei punti focali di questa piacevole produzione.
Senna ripercorre le tappe principali della vita del tre volte campione del mondo di Formula 1 in sei episodi di circa un’ora ciascuno. Raramente ci saranno momenti di noia, tanto è ricca di eventi e aneddoti la storia di Ayrton, e si può criticare semmai di aver omesso alcuni fatti importanti dei suoi ultimi anni. Niente che squalifichi una miniserie che in generale si attesta su buoni livelli, che resta però un tributo a Magic, e dunque non rinuncia per esempio a rappresentare Alain Prost come un antagonista. Da segnalare inoltre alcune licenze, come la presenza di personaggi inventati apposta per la serie, tuttavia ispirati a reali figure venute a contatto col paulista.
Pure a livello tecnico Senna si presenta bene. Chi pensa che trattandosi di una produzione brasiliana essa sia inferiore a molte altre su Netflix dovrà ricredersi: tolti un numero contenuto di errori e anacronismi – meno di tante opere acclamate – e una CGI non sempre impeccabile la regia e la ricostruzione del contesto storico sono complessivamente di buona fattura.
Il cast attoriale, eccetto un paio di scelte discutibili tra i ruoli secondari, soddisfa le aspettative. In particolare Gabriel Leone ci regala un Ayrton Senna convincente, non identico a quest’ultimo nei tratti, ma straordinario nell’esprimerne caratteristiche come la gestualità e il carisma.
Senna non è solo un degno tributo a uno dei più grandi sportivi di sempre. È il testamento di una F1 che non c’è più, un’epoca di veri eroi, di cavalieri che accettavano i rischi del mestiere non cedendo però ai ricatti dei potenti, contro cui Ayrton ha lottato durante la sua vita. Per quanto senza dubbio non sia una miniserie perfetta rimane un prodotto di qualità, che immerge lo spettatore negli anni Ottanta e Novanta. Il manifesto di un mondo che con tutti i suoi pregi e difetti a molti manca, e che affascina chi non lo ha vissuto.