Pellegrinaggi su due ruote: racconti di imprese romaniste
Angelo Curi ha percorso la Via Francigena: "La più bella cosa mai fatta in bici". Raffaele Borreale ha intrapreso il Cammino di Santiago: "É una metafora della vita"
Tra i diari della bicicletta dell’A.S. Roma Ciclismo, si sfogliano sempre pagine nuove. Sorprendenti. E così, a un certo punto puoi scoprire che c’è un ciclista giallorosso che decide di percorrere la Via Francigena e lo fa portando in giro la maglia dell’A.S. Roma per mezza Italia. È Angelo Curi, che ha compiuto l’impresa e ce la racconta: "Sono stato agonista per cinquant’anni, dagli Allievi ai Dilettanti fino al mondo amatoriale. A un certo punto, però, mi è venuta la voglia di fare qualcosa di diverso. Di vivere la bici guardando anche ciò che c’è intorno, non solo la strada. Osservando paesaggi e persone, non solo il cronometro. E ho scoperto un’altra bici e un altro me stesso, grazie a queste nuove esperienze".
Tra le quali la Via Francigena. Nata per caso. "Avrei dovuto fare il Cammino di Santiago con Raffaele Borreale, poi ho avuto un imprevisto che mi ha costretto a sospendere l’idea. Una volta risolto, ho cambiato idea e ho pensato alla Via Francigena. Sono partito da Torino con l’idea di arrivare a Roma in sei tappe, poi ne ho fatte sette. Oltre mille chilometri: in alcuni tratti noi ciclisti eravamo talmente tanti che sembrava una carovana. Ero preparato per cui sono riuscito a pedalare per circa otto ore al giorno, ma la prossima volta voglio godermi ancora di più il viaggio. Strade e borghi in armonia con l’ambiente e così si ritrova anche l’armonia con se stessi. S’incontrano persone, ma si tratta sempre di un viaggio in solitaria e nel quale ci si deve affidare alle proprie risorse fisiche e mentali, quindi può esserci qualche timore relativo a fattori esterni e a inconvenienti logistici, ma non ho avuto momenti di difficoltà o in cui ho pensato di mollare. Anzi – aggiunge Angelo – questo viaggio mi è servito per individuare i miei limiti. Per una mia abitudine tendevo a spingere, anche se in esperienze di questo tipo non serve, ma dopo cinquant’anni di gare è normale che succeda. È stato bello vivere alla giornata, incontrare persone di qualsiasi età, cultura e nazionalità. C’è stato qualche imprevisto naturalmente, come il telefonino che non si caricava o il bagagliaio della bici che si rompeva, ma ho affrontato e superato tutto. Ho incontrato perfino due persone che erano partite mesi prima da Canterbury e che sarebbero arrivate fino a Santa Maria di Leuca, compiendo quindi tutto il tragitto completo. Alla fine credo di poter dire che sia la cosa più bella che ho mai fatto in bicicletta. Ringrazio le persone che mi vogliono bene, mia moglie in primis: mi hanno sempre incoraggiato e sostenuto. Vorrei rifare cose simili. Non ho ancora in mente un percorso preciso ma mi piacerebbe fare anche dei mini-viaggi di due o tre giorni, più brevi della Torino-Roma, ma comunque interessanti. È qualcosa che ti arricchisce, ti insegna a gestire le situazioni, a superare i momenti brutti, fai incontri e ti rendi conto che ogni persona può darti qualcosa. Lo consiglio a chiunque ne abbia la possibilità". E Angelo adesso cosa fa? "Domenica una gara storica ad Anghiari, vicino Sansepolcro. Poi ho sempre il sogno del Cammino di Santiago, chissà...". I sogni nell’A.S. Roma Ciclismo si avverano.
Di pellegrinaggi se ne fanno tanti, in bici o a piedi. Il Cammino di Santiago, però, è un qualcosa di diverso. Lo si percepisce parlando con chiunque lo abbia percorso, lo si sente quando ci si saluta tra pellegrini al grido di “Ultreya et suseia”, anche tra chi cammina e chi va in bici. Lo si percepisce chiaramente parlando con Raffaele Borreale, atleta dell’A.S. Roma Ciclismo che lo ha percorso in otto giorni, anche se un po’ a modo suo: "Lo avevo fatto nel 2017 e così ho cambiato un po’. Sono partito da Civitavecchia per poi iniziare da Saragozza. Non faccio mai il Cammino classico, non punto alla Carta del Pellegrino. Così mi sono ricongiunto a Logrogno, un altro punto di partenza, con altri pellegrini e ho iniziato da lì. È stata una bellissima esperienza, dove non sono mancati i momenti difficili. Una volta mi sono trovato con un vento contrario fortissimo, non riuscivo ad andare a più di 15 chilometri orari. Nello stesso giorno ha piovuto e ho anche bucato. Inoltre, c’è sempre la regola in base alla quale se trovi il sole a Logrogno, trovi il freddo in Galizia. E anche stavolta è stato così. Nella penultima tappa ho trovato un freddo incredibile su una discesa di 24 chilometri e mi sono dovuto fermare. Inoltre, prima era capitato di trovare strade chiuse e dover passare attraverso salite molto dure, anche al 14 o 15% di pendenza. Certo, chi lo fa a piedi ha ancor più difficoltà. Ma assicuro che sei talmente coinvolto emotivamente dal clima che si respira intorno a te, ancora di più lo sei se scegli di pernottare nei dormitori, che ti senti uno di loro. Parlandoci e ascoltandoli ti arricchisci. Loro camminano per 30 giorni, tu te la puoi cavare in 8. Con la Gravel, la migliore bici per questo percorso, pedalando per 70/90 chilometri al giorno, hai tutto il tempo di fare soste culinarie o culturali e di terminare ogni tappa stanco ma non esaurito. Dieci o dodici giorni in cui, a prescindere dal periodo che si sceglie (rigorosamente in estate), potrete trovare ogni tipo di meteo: dal caldo torrido della zona di Logrogno e Leon, al freddo della zona di Sarria. I miei ricordi migliori sono per Pamplona, Puente la Reina, Los Arcos, Santo Domingo de la Calzada, Moratinos, Burgos, Castrojeriz, Villafranca del Bierzo, Lugo, Portomarín. Tutte queste località hanno centri storici medievali intatti, vi sembrerà di poter incontrare Don Chisciotte oppure El Cid di notte. Poi ci sono i ricordi delle persone incontrate, con cui si sono scambiate esperienze, opinioni oppure solo la solidarietà e l’augurio di “Buen Camino” dato e ricevuto. Penso che ognuno di noi dovrebbe percorrere il Cammino una volta nella vita".
Perché? "Perché il Cammino - conclude Borreale - è la vita. C’è l’aspetto spirituale, ma non solo. È imparare a faticare, ad affrontare gli imprevisti, a cavarsela in ogni situazione. È imparare ad avere pazienza, a capire che, come nella vita, c’è chi sta più avanti e chi sta più indietro, chi va più veloce e chi va più piano, ma di fronte alla fatica siamo tutti uguali, anche se nel percorso siamo tutti diversi. E dall’incontro tra persone nasce un’umanità migliore".
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