Non solo Eriksen: da Manfredonia a Muamba, le tragedie evitate
Lionello viene colpito da infarto contro il Bologna. Nel 1981 Antognoni sviene dopo uno scontro con Martina. Il giocatore del Bolton risorge dopo più di un'ora senza polso
I tifosi romanisti (e tutti gli appassionati di calcio) dai quarant'anni in su ricorderanno di certo l'episodio, con dinamiche molto simili a quello visto ieri a Copenaghen. È il caso di Lionello Manfredonia, colpito da un infarto durante una partita contro il Bologna al Dall'Ara. Dopo appena cinque minuti, il 30 dicembre 1989, il giocatore - allora trentatreenne - della Roma di Radice si accascia a terra. Immediati i soccorsi del medico sociale giallorosso Ernesto Alicicco e di Giorgio Rossi, che praticano il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca a Manfredonia: un intervento che si rivelerà decisivo per salvargli la vita. Subito trasportato in ospedale grazie alla tempestività dell'ambulanza, dopo essere stato in coma il romano si riprende. Minuti di angoscia, come accaduto ieri per Eriksen. Per Manfredonia quella è l'ultima partita della carriera, ma in compenso la sua vita è stata salvata.
Qualche anno anno prima, nel 1981, si sfiora la tragedia in Fiorentina-Genoa del 22 novembre 1981: a rischiare la vita è Giancarlo Antognoni, che di lì a qualche mese andrà a vincere il Mundial con la Nazionale. Quel giorno però, a seguito di un violentissimo scontro con il portiere dei liguri Martina, il fantasista crolla a terra privo di sensi e il suo cuore smette di battere per circa mezzo minuto. Anche in questo caso lo staff medico e sanitario interviene all'istante con massaggio cardiaco e respirazione bocca a bocca. Una volta in ospedale, la diagnosi: doppia frattura cranica. Ma il decorso di Antognoni ha dell'incredibile, tanto che tornerà in campo giusto in tempo per laurearsi campione del Mondo.
Ha dell'incredibile, anzi, del miracoloso, la storia di Fabrice Muamba: il centrocampista del Bolton, in una partita di FA Cup contro il Tottenham del 17 marzo 2012, si accascia al suolo a causa di un improvviso arresto cardiaco. Il cuore smette di battere per un'ora e diciotto minuti, un tempo inimmaginabile, ma il grande lavoro dei medici riporta letteralmente il congolese alla vita. È stato lui tra i primi, ieri, a scrivere un messaggio a sostegno di Eriksen sui social: «Dio, ti prego». Alla fine, proprio come lui, Eriksen ce l'ha fatta.
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