Gravina: "Stiamo discutendo di una parziale riapertura degli stadi in campionato"
Il presidente della Figc: "Riforma dei campionati fondamentale, serve un intervento strutturale. La Superlega non ha senso, il nostro mantra deve essere la sostenibilità"
Gabriele Gravina, presidente della Figc, ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera, nella quale ha parlato, tra le altre cose, della sua ricandidatura, del ritorno dei tifosi allo stadio e della riforma dei campionati. Ecco un estratto delle sue parole:
Presidente Gravina, qual è stata la molla che l'ha spinta a ricandidarsi?
"Il lavoro fatto sino adesso, che non è finito. Sono un perfezionista e voglio chiudere il cerchio. Però, credetemi, è stata una decisione sofferta".
Si spieghi meglio.
"Intendo il ruolo in maniera totalizzante e per fare il presidente della Federazione devo rinunciare a molti lati della mia vita privata, affettiva e lavorativa. È stato così sino adesso e lo sarebbe anche se fossi rieletto. La mia dedizione alla causa è totale".
Si sta chiudendo un anno drammatico per il calcio in cui lei è sempre stato in prima linea. Ma in mezzo a tante difficoltà c'è stata una parentesi divertente?
"Quando riceviamo un riscontro nella progettualità o nei momenti in cui tocco con mano l'entusiasmo ritrovato della gente per la maglia azzurra. La Nazionale, dopo un periodo buio, è di nuovo motivo di orgoglio. E poi mi elettrizza la sfida per il futuro, il 2-0 palla al centro".
Mondiali. Nel 2010 e 2014 siamo usciti al primo turno e nel 2018 non ci siamo neppure qualificati. Soffriamo un complesso?
"Intanto speriamo che Mancini ci porti in Qatar. La verità è che tutto è più complesso rispetto all'Europeo. Però, grazie al lavoro del c.t., siamo entrati tra le prime dieci Nazioni del mondo e abbiamo un girone abbordabile. Roberto sta lavorando bene".
Ma dopo il 2022 vorrebbe tornare sulla panchina di un club.
"Il rapporto con Mancini è ottimo e la condivisione del percorso totale. Ha un contratto solido sino al Qatar e la strada è lunga: c'è un Europeo da giocare, ma anche le finali di Nations e le qualificazioni al Mondiale. Sotto certi aspetti non siamo in grado di competere con i club. Però abbiamo un valore aggiunto: la maglia azzurra che fa battere il cuore".
Al centro del suo programma c'è la riforma dei campionati su cui è andato a sbattere anche il suo predecessore Tavecchio.
"Non dobbiamo affrontarla solo in termini quantitativi, cioè quante squadre si tagliano e in quale Lega. Serve un intervento strutturale. Il tema non è la A a 20 o 18. Il principio vincolante deve essere la sostenibilità. Bisogna ridisegnare i principi della mutualità, studiare la flessibilità degli emolumenti e trovare nuove risorse. Il semi-professionismo può aiutarci a risolvere il problema. E bisogna raffreddare il sistema delle retrocessioni: tre squadre su quattro che scendono in Lega Pro rischiano di sparire. È una rivoluzione necessaria".
Per quanto tempo il calcio dovrà sopravvivere senza tifosi?
"C'è stato mercoledì un incontro con il Cts per parlare dell'Europeo a Roma (4 partite ndr). È stato un vertice positivo. Non ci sono preclusioni, neppure per i tifosi delle altre nazioni. Stiamo anche discutendo di una parziale riapertura in campionato. Speriamo che la pandemia non ci giochi un brutto scherzo proprio ora. Sono ottimista, aspettiamo solo l'insediamento del nuovo governo".
L'Eca spinge per la Superlega.
"Per me non ha senso. Non risolve i problemi economici e ucciderebbe il valore delle competizioni nazionali. E io non lo posso permettere. Capisco i sogni dei club, ma Uefa e soprattutto Fifa sono stati chiari".
Cosa ne pensa dei fondi che potrebbero entrare in serie A?
"Permettetemi di dire che con il presidente Dal Pino c'è un ottimo dialogo. Quello dei fondi è un argomento complesso: si ispirano alla pura finanza, ma al centro deve esserci sempre la valorizzazione del prodotto. Però dopo un anno di approfondimenti sarebbe un peccato mandare tutto all'aria".
Come si salva il calcio dalla crisi?
"Rispettando i principi dell'economia di mercato e aumentando i controlli. La sostenibilità deve essere il nostro mantra. Certi stipendi tra i calciatori non sono più possibili. Il salary cap penalizzerebbe troppo i nostri club che non sarebbero più competitivi nelle coppe. Io ho previsto una specie di luxury tax stile Nba".
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