Premier League, sei positivi al Coronavirus. Rebus coppe europee
Effettuati i test su 748 persone tra calciatori e membri degli staff tecnici. La quarantena per chi arriva dall'estero non risparmia il calcio: rischio esclusione
Sei casi di Coronavirus in Premier League. I test effettuati su 748 tra calciatori e membri degli staff tecnici tra domenica e lunedì sono giunti sul tavolo del massimo campionato inglese in vista della ripresa degli allenamenti a piccoli gruppi e, in una nota sul proprio sito, la Premier ha comunicato che i positivi fanno parte di tre diversi club, ma le loro identità non sono state rese note «per motivi legali e operativi». Per loro scatta l'auto-isolamento di sette giorni, quindi saranno nuovamente sottoposti ai test. Sono diciannove i club che hanno comunicato i risultati, uno soltanto ha effettuato gli accertamenti ieri e quindi nelle prossime ore comunicherà i risultati alla Premier League. Che, dal canto suo, specifica: «Forniamo queste informazioni ai fini dell'integrità e della supervisione della competizione».
Champions ed Europa League
Nel frattempo, oltremanica hanno un'altra gatta da pelare, relativa alle competizioni europee che - stando alle speranze della Uefa - ripartiranno ad agosto. La decisione del Governo inglese di mettere in quarantena per due settimane chiunque arrivi dall'estero non risparmierà il calcio. Nessuno sconto al calcio da parte del Primo Ministro Johnson e del Segretario alla Cultura Dowden. Il provvedimento, che viene definito «solido», al momento non è definitivo, perciò i vertici calcistici inglesi sperano ancora di poter convincere Downing Street. Ma, se il Governo dovesse rimanere sulle proprie posizioni, per il Liverpool e le altre le cose si complicherebbero notevolmente. Al punto di rischiare l'esclusione da Champions ed Europa League. Del resto, se ogni squadra proveniente da un altro Paese dovesse essere isolata per quattordici giorni, sarebbe impossibile garantire il regolare svolgimento delle partite internazionali. Sulla questione, comunque, si continuerà a dialogare con Downing Street, nella speranza di portare Johnson e Dowden ad alleggerire le loro posizioni.
Il gran rifiuto
Come se non bastassero i problemi appena citati, c'è da registrare ancora la preoccupazione dei calciatori. Ieri sono tornati ai rispettivi centri sportivi per allenarsi, ma c'è anche chi, come il capitano del Watford Troy Deeney, non ha alcuna intenzione di riprendere le sedute. «Ho già detto che non tornerò ad allenarmi questa settimana. Basta una sola persona infetta per essere contagiati e non voglio portare il virus a casa mia. Mio figlio di cinque mesi - ha spiegato nel corso di una diretta su YouTube - ha difficoltà respiratorie, non voglio metterlo in pericolo. La salute della mia famiglia è più importante di qualche sterlina in più nel portafoglio».
Molto più conciliante il tecnico del Liverpool Jurgen Klopp: «I centri sportivi sono i luoghi più sicuri, nessuno può contrarre il virus al loro interno. La cosa fondamentale - spiega in un'intervista alla Bild - era affrontare questa crisi, ma cancellare il campionato sarebbe stato ingiusto. Ma c'è gente che sta morendo o ha grandi problemi: ci sono cose peggiori rispetto al non diventare campioni».
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