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Coronavirus, Tommasi: "La sicurezza è ancora la chiave"

Il presidente Aic: "Serve un protocollo ad hoc, come quello che seguono gli atleti di sport individuali, da applicare almeno per le prossime settimane"

PUBBLICATO DA La Redazione
30 Aprile 2020 - 08:16

Damiano Tommasi ha rilasciato un'intervista al quotidiano Il Manifesto. L'ex calciatore giallorosso, oggi presidente dell'Assocalciatori, ha detto la sua sulla possibile ripresa del campionato e delle misure di sicurezza da prendere in virtù dell'emergenza sanitaria causata dal coronavirus. Ecco un estratto delle sue parole.

Per l'Aic il calcio deve ripartire o no?
"Sugli allenamenti siamo tutti dalla stessa parte: vogliamo che avvengano in sicurezza. La nostra richiesta è renderli possibili in forma individuale anche per gli sport di squadra. Serve un protocollo ad hoc, come quello che seguono gli atleti di sport individuali, da applicare almeno per le prossime settimane. Così si potrebbe arrivare al 18 maggio, quando dovrebbero ricominciare gli allenamenti in squadra, avendo fatto individualmente una parte del lavoro presso i centri sportivi. Questa richiesta di valutazione è al vaglio. Il comitato scientifico non ha ancora validato il protocollo del 18 e visto che l'allenamento individuale ha meno vincoli speriamo di poter fare almeno quell'attività sul campo sportivo".

E il campionato?
"Per il momento non se ne sta parlando. Sicuramente l'orizzonte temporale non è quello che tutti speravamo. Ci sono pochi mesi davanti".

I dirigenti, pressati dalle tv, spingono per ricominciare a ogni costo, ma la salute che si mette a rischio è quella di giocatori, insieme agli altri dipendenti, come massaggiatori e accompagnatori. I calciatori sono disposti ad accettare ogni decisione?
"Siamo tutti all'ascolto della comunità scientifica. Anche chi ha ruoli di responsabilità - come i governatori delle regioni o i sindaci - dipende comunque da valutazioni che devono esser fatte dalla comunità scientifica. Tornare  a giocare è la volontà di tanti, ma sicuramente le due paroline 'in sicurezza' sono quelle che dettano il discrimine. Oggi cosa significa 'in sicurezza'  lo decidono i medici a seconda delle curve epidemiologiche del virus. Se questa fosse un'emergenza conosciuta si avrebbero più certezze. In questa situazione, invece, si sta facendo a piccoli passi quello che si può".

Continuano a scarseggiare i tamponi e per ricominciare a giocare bisognerebbe usarne un bel po' per la Serie A. Ha senso?
"È una delle condizioni che hanno chiesto anche i giocatori, con tutto il mondo del calcio. La sicurezza deve inserirsi nel contesto paese. Soprattutto in alcune regioni è doveroso che nel caso in cui ci sia la possibilità di fare attività sportiva con i test, come da protocollo eventualmente approvato, ciò dovrà avvenire sapendo che si è in Italia, in Lombardia, in emergenza e non ci si può permettere di creare ulteriori tensioni".

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