Coronavirus, Tommasi: "Non si può ripartire finché l'emergenza non è finita"
Il presidente dell'Assocalciatori: "Pronti a fare la nostra parte per salvare il sistema, cerchiamo una soluzione condivisa. Tanti temi vanno affrontati in fretta"
Damiano Tommasi ha rilasciato un'intervista a Libero. Il numero 1 dell'Assocalciatori e campione d'Italia con la Roma nella stagione 2000-01 è stato tra i primi a chiedere a gran voce lo stop delle competizioni all'inizio della pandemia coronavirus. Ora ha detto la sua sulla possibile ripresa e su tutti i temi che il calcio deve affrontare velocemente per riprendersi al meglio dall'emergenza sanitaria. Ecco le sue dichiarazioni.
C'è la possibilità di chiudere qui la stagione?
"Noi speriamo che ci siano le condizioni per tornare in campo,ma lunedì abbiamo affrontato per la prima volta questa prospettiva. E abbiamo detto che siamo pronti a fare la nostra parte per salvare il sistema".
Se si riprende a porte chiuse ci saranno danni comunque. E servirà un sacrificio sugli stipendi…
"I calciatori sembra che siano l'unico costo… La verità è che lo stop alla stagione certifica una situazione: senza classifica non ci sono i bonus legati al risultato. In caso di ripresa, invece, bisognerà calcolare i danni per i club e le richieste ai calciatori. E se un giocatore ha già un accordo con un'altra squadra dal 1 luglio? Prolunga o cambia maglia? Sono temi da affrontare in fretta".
La Juve ha raggiunto un accordo con i calciatori e l'Inter è pronta ad imitarla. Gli accordi individuali indeboliscono il sindacato?
"Il nostro lavoro, e quello delle leghe, è cercare una soluzione condivisa. Gli accordi collettivi servono proprio a non creare contenziosi. Se la Juve ha trovato il sostegno della squadra, a noi va più che bene".
Quali sono le condizioni minime per riprendere?
"Innanzitutto deve esserci una prospettiva che oggi manca. Al momento le persone devono limitare i nostri spostamenti, perché dobbiamo far uscire di casa i calciatori? Per una stagione che non si sa se riprenderà? Non ha senso tornare in campo per "sperare". Anzi, c'è il pericolo di altre positività che blocchino tutto. E bisogna capire gli effetti dell'infezione inidoneità sportiva: Pepe Reina ha confessato di essersi sentito mancare l'ossigeno per 25 minuti…"
Ci sono dei paletti irrinunciabili?
"Tre aspetti: che l'emergenza sia finita, e ce lo auguriamo tutti; se si torna a giocare deve essere per portare a termine la stagione anche oltre il 30 giugno, perché mancano ancora tante partite. Scegliere a tavolino promossi e retrocessi è complicato, parliamo di investimenti importanti come per il caso del Benevento. Infine, si deve poter viaggiare in sicurezza, perché non è solo questione di allenarsi ma di muovere 50 persone due volte a settimana – i ritmi saranno quelli – in quella che oggi è zona rossa. E parlo per esperienza personale…"
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