Tifosi, non clienti: ecco perché gli stadi in Germania sono sempre pieni
Prezzi popolari, impianti funzionali, coinvolgimento totale nella vita e nella proprietà della società: la formula tedesca fa sentire il tifoso parte integrante del club
A fine ottobre, l'account ufficiale della Bundesliga pubblicava un tweet vantandosi di un primato: era la classifica europea di presenze allo stadio e a primeggiare era proprio una squadra tedesca, il Borussia Dortmund, che con 80.830 spettatori medi a partita dominava sugli altri top-club europei. Dopo la vittoria dei Mondiali 2014 da parte della Germania, si è iniziato a sentir parlare con insistenza del "modello tedesco", ma non è il progetto a lungo termine basato sugli oltre 400 centri federali che si vuole analizzare in questo caso. Il modello tedesco in questione non è quello che fa vincere Coppe del Mondo, ma quello (certamente parte integrante di un sistema-calcio in salute) che fa riempire gli stadi.
Queste sono le medie spettatori di #SerieA, #Bundesliga e seconda divisione tedesca > pic.twitter.com/ru2bS4KE09
— il Romanista (@ilRomanistaweb) 17 gennaio 2018
Ma quanti sono?
Tanti. Tantissimi. Leggere le statistiche delle presenze allo stadio in Bundesliga fa rabbrividire. A stupire non sono tanto le cifre da capogiro dei grandi club, quanto i 40mila spettatori fissi di squadre di fascia media che non competono per un trofeo da anni. Un tipo di squadra che da noi registra 15-20mila spettatori a partita. Il confronto è forse ancora più impietoso se "giocato con l'handicap", cioè Serie A italiana contro Serie B tedesca. Consultando i dati di trasnfermarkt.it, si può notare che le tre squadre più seguite in seconda divisione tedesca (SanktPauli, Dynamo Dresda e Norimberga), con più di 27-28mila presenze medie superano ben 15 club di Serie A per pubblico allo stadio. Infatti la sesta squadra più seguita in Italia (la Lazio) si attesta sui 27mila spettatori medi a partita. La media della Bundesliga (44mila) è quasi il doppio di quella della Serie A (23mila), che è invece molto più vicina alla seconda serie tedesca (16mila).
I segreti del successo
Alla base del riempimento degli stadi tedeschi non c'è il valore del gioco dimostrato dalle squadre in campo e dei giocatori che disputano la Bundesliga. O meglio, il calcio giocato sarà certamente un fattore, ma non è ciò che sta alla base del gap così importante con l'Italia, poiché non si può di certo dire - almeno nell'opinione di chi scrive - che la Bundesliga sia un campionato il doppio più bello della Serie A. La chiave del modello tedesco che porta in media 40 mila tifosi allo stadio andrà cercata altrove. Negli stadi belli e ultramoderni, dirà qualcuno. Non è proprio così. Più che high-tech, gli stadi tedeschi sono relativamente nuovi, ma soprattutto manutenuti e funzionali. Gli spettatori siedono quasi a bordocampo e i settori popolari sono formati non da seggiolini ma da Standing Areas: questo particolare tipo di settore, di cui si è già parlato sulle pagine di questo giornale, permette ai tifosi più caldi di seguire la partita in piedi in tutta sicurezza, garantendo una maggiore capienza e permettendo di abbassare i prezzi dei biglietti.
I prezzi, già. Ecco un altra spiegazione, peraltro molto banale: abbassando i prezzi nei settori popolari, aumenta l'affluenza anche nel resto dello stadio, perché un ambiente più caldo piace a tutti (anche alla squadra!). Cosa si intende per prezzi bassi? Parlando di abbonamenti, si può fare un confronto tra top-club: quello più economico per la Juventus costa 500 euro, per il Bayern Monaco 140. Un abbonamento in Curva Sud in vendita libera viene 295 euro, uno nel "Muro giallo" del Borussia Dortmund 211,50 (ed è uno dei più cari in Germania). In media, un abbonamento nelle curve italiane viene 254 euro, in Germania 182: sono 70 euro che fanno tutta la differenza del mondo. E parliamo solo di settori popolari.
> Questi invece sono i prezzi dell'abbonamento più basso per i club di #SerieA e #Bundesliga nella sagione 2017/18 > pic.twitter.com/EXSr4DAyfS
— il Romanista (@ilRomanistaweb) 17 gennaio 2018
Siete per sempre coinvolti
Se l'aspetto economico è importante, altrettanto lo è quello comunitario. Come si considerano i tifosi tedeschi? Si sentono dei tifosi, sì, ma non solo. Molti di loro sono anche in piccola parte proprietari della squadra tifata. Fino al 1998, infatti, le squadre di calcio erano sulla carta associazioni di singoli soci senza alcun fine di lucro. Da quell'anno, una nuova regola aprì all'ingresso di capitali esterni, ma senza permettere che il controllo dei club passasse in mani di una singola persona o azienda. Di fatto, la "regola del 50%+1" garantisce che tutte le squadre tedesche siano controllate dai tifosi, tranne quelle che avessero un singolo investitore da più di 20 anni: il Bayer Leverkusen con la casa farmaceutica Bayer e il Wolfsburg con la ditta automobilistica Volkswagen. Ovviamente, nei club controllati dai tifosi la gestione delle strategie e delle scelte non è assembleare. La collettività dei tifosi è semplicemente chiamata a votare il direttivo del club ad ogni ciclo e a decidere su questioni fondamentali. Per il resto, come in tutte le squadre del mondo, è il board a gestire le sorti della società, cercando però di mantenere sempre alto il livello di fiducia dei tifosi-soci.
Al di là di questo aspetto, in Germania il tifoso è coinvolto attivamente nella vita del club. Ogni squadra tedesca ha infatti un ufficio di relazioni coi tifosi, lo Slo, che si impegna attivamente nel recepire idee, critiche e proposte (e dall'anno prossimo dovrà essere composto da almeno tre membri). Non solo: ogni squadra può contare su tre tipi di gruppi di tifosi. I gruppi "ultras", cioè quelli del tifo organizzato, che sono spesso più inclusivi e aperti rispetto a quelli italiani; i gruppi indipendenti, cioè associazioni di tifosi con rappresentanti democraticamente eletti che collaborano con la società proponendo progetti e mettendosi a dispozioni per iniziative; e i Fanabteilungen, veri e propri gruppi di tifosi-soci interni al club che lavorano su specifiche tematiche e vigilano sull'operato dei dirigenti. Certo, anche in Germania pecunia non olet e non sono pochi i dirigenti e gli impresari che farebbero volentieri a meno di questo sistema. Uno fra tutti è il presidente dell'Hannover Martin Kind, che nel 2009 ha cercato di abbattere il sistema del 50%+1, incontrando però lo sfavore di 32 club professionistici su 36. Dopo la votazione, il presidente della Dfl espresse così la sua soddisfazione: «La Bundesliga resta fedele ai suoi principi e continua a fare affidamento sui fattori che hanno contribuito in maniera decisiva al successo del gioco professionistico in Germania negli ultimi decenni: stabilità, continuità e vicinanza ai tifosi».
Se in Germania è dunque altissimo il coinvolgimento dei tifosi nei club, in Italia, al contrario, il sistema chiuso dei presidenti-padroni sta portando sempre più al rafforzamento della figura del tifoso-cliente. Che non è un tifoso disinteressato, ma un tifoso che si sente esterno rispetto al club e pretende da esso una serie di benefici (di solito vittorie o acquisti di calciomercato) in virtù non di un sentimento d'amore, ma di un prezzo pagato. Prendere esempio dalla Germania, anche senza arrivare a soluzioni radicali come quella del 50%+1, ma iniziando a sperimentare seri processi di coinvolgimento dei tifosi, farebbe bene a tutto il movimento.
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