Doping, Calciopoli e così via: quando “vincere è l’unica cosa che conta”
Quella ricerca spasmodica del successo ad ogni costo porta con sé inesorabilmente tutto il corollario di scandali con cui il club si è trovato a fare i conti nel corso della sua storia
Verrebbe da dire, al sorgere dell’ennesima bufera dalle tinte bianconere, che la colpa sia tutta di quel motto, «vincere non è importante, è l’unica cosa che conta», che la leggenda attribuisce a Giampiero Boniperti, bandiera e poi presidente della Juventus. Perché quella ricerca spasmodica e irrinunciabile del successo ad ogni costo porta con sé inesorabilmente tutto il corollario di scandali con cui il club si è trovato a fare i conti nel corso della sua storia. E senza voler risalire al gol di Turone, per il quale il tifoso romanista è stato trasformato in macchietta - anche da certa stampa appecoronata alle strisce zebrate - è sufficiente dare un’occhiata ai fascicoli delle procure, sportive e non, negli ultimi venticinque anni. S’era ancora nel secolo scorso quando le esternazioni di Zeman («Spero che il calcio esca dalle farmacie e dagli uffici finanziari») diedero il la all’inchiesta sull’utilizzo del doping. In quel caso, dopo un processo per frode sportiva durato fino al 2006 - e che aveva visto a testimoniare anche i vari Vialli, Del Piero, Montero e Zidane, solo per citarne alcuni - i reati erano finiti in prescrizione. Di lì a un paio di mesi, però, esplose un’altra grana per la Juventus, e che grana: lo scandalo passato alla storia come “Calciopoli”.
Luciano Moggi e Antonio Giraudo, all’epoca dirigenti bianconeri, furono tra gli imputati, assieme ad altri dirigenti di Serie A e B, arbitri, designatori arbitrali e dirigenti della Figc. Ad oggi, si tratta del più grande caso di corruzione nella storia del calcio. Le indagini e le testimonianze hanno permesso di individuare le nefandezze compiute da Moggi e gli altri nell’arco di un biennio, con 19 partite del massimo campionato finite sotto i riflettori (7 delle quali della Juventus): le sentenze definitive hanno revocato alla Juventus gli Scudetti del 2004-05 e 2005-06, condannando il club piemontese alla retrocessione in B con 9 punti di penalizzazione per la stagione 2006-07. Per Moggi e Giraudo 5 anni di condanna e radiazione a vita. In barba alle sentenze, però, la Juve ha continuato a conteggiare i due Scudetti revocati, tanto da ostentare un tricolore col numero 38 proprio all’esterno dell’Allianz Stadium, quando in realtà i titoli sono 36.
In piena pandemia, i bianconeri e in particolare Andrea Agnelli sono stati tra i promotori della Super League, un progetto nato con altre undici super-potenze (Real Madrid, Barcellona, Manchester United, Inter e Milan tra le altre) per dar vita a una sorta di Champions League alternativa, indipendente da Uefa e Fifa. Non serve certo ricordare come sia andata a finire l’intera vicenda.
© RIPRODUZIONE RISERVATA