Mazzone: "Allenare la Roma una delle gioie più grandi della mia vita"
L'ex allenatore compie 85 anni: "Seguo sempre i giallorossi, gli auguro il meglio e spero vincano sempre. Totti è stato come un figlio per me"
Carlo Mazzone compie oggi 85 anni. L'ex allenatore, tra le altre, della Roma (dal 1993 al 1996), ha rilasciato un'intervista a Footballnews24.it. Ecco uno stralcio delle sue parole:
Dal 1993 al 1996 ci furono i tre anni con la Roma, nei quali fece esordire Francesco Totti. Lei è entrato nel cuore dei tifosi giallorossi, che ancora oggi la amano follemente. Cosa ha rappresentato per lei quell'ambiente?
"Quando sento il nome Roma mi brillano gli occhi, ricordando il grande presidente Franco Sensi e quei 3 anni bellissimi trascorsi sulla panchina. Io da romano e tifoso romanista ho avuto la possibilità di giocare per i giallorossi e poi di allenare la squadra, una delle gioie più grandi della mia vita. In quegli anni ci fu anche l'esordio di Francesco Totti. La prima volta che lo convocai chiamai anche altri tre-quattro ragazzi della Primavera per depistare la stampa e proteggere il suo nome, provando a far passare inosservata la sua convocazione. Per me Francesco è stato ed è un figlio, ho avuto tanti campioni e tanti calciatori, ed ognuno di loro è stato come un figlio per me. Ho cercato durante gli anni di provargli a dare insegnamenti soprattutto fuori dal campo, perché in una piazza come quella di Roma era molto importante. Mi ricordo che quando Totti finiva gli allenamenti usciva con i capelli bagnati con il motorino ed io gli dicevo di lasciarlo perdere e di fare attenzione. In alcune occasioni andai a parlare direttamente con la madre di Francesco dicendo alla signora che il figlio aveva grandi potenzialità e che noi avremmo dovuto avere un occhio di riguardo per lui. Adesso i tempi sono decisamente cambiati e questo difficilmente potrebbe accadere".
Nel 2019 è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano, insieme a tecnici del calibro di Lippi, Sacchi, Trapattoni, Capello, Ancelotti e Mancini. Cosa ha rappresentato quel premio per lei e per la sua carriera?
"Quello è stato un traguardo bellissimo ed un premio gradito che dedico a tutti i tifosi che ho avuto. Loro sono la parte più bella e saranno sempre la parte meravigliosa di questo sport. Adesso tramite i social mi arrivano tanti messaggi ed attestati di stima da parte di tifosi da tutta Italia che mi ricordano con tanto affetto".
Segue ancora le squadre che ha allenato?
"Seguo sempre la Roma, così come tutte le mie ex squadre: Ascoli, Lecce, Bologna, Brescia, Cagliari, Perugia, Livorno e poi non mi perdo una partita del Manchester City di Guardiola. Sono tutte squadre alle quali auguro il meglio e spero che vincano sempre".
La testata, inoltre, ha realizzato un video di auguri da parte di alcuni calciatori allenati da Mazzone, tra cui diversi della Roma:
Fabio Petruzzi.
"Il mister per me è stato un secondo padre, una persona importantissima che mi ha fatto crescere come calciatore, ma soprattutto umanamente. Una persona splendida, meravigliosa che dall'esterno può sembrare tosta e dura. Un uomo schietto e sincero che diceva in faccia tutto quanto e nel mondo di oggi non è facile; io con lui inizialmente ebbi anche degli scontri. Nel 1994 rientravo a Roma dall'Udinese e fisicamente ero a pezzi, perché avevo avuto l'ernia del disco e proprio per questo motivo ad Udine avevo giocato poco e niente. Tornando a Roma trovai Mazzone e d'impatto mi mise soggezione, più che altro perché lo vedevo come un sergente di ferro. Andammo in ritiro e, dopo aver effettuato alcuni test, ci divise in gruppi in base alle condizioni fisiche. Io ovviamente venni inserito nell'ultimo gruppo, quello con i portieri, proprio perché fisicamente stavo a pezzi, il mister mi spronava anche con parole forti ed all'epoca, a causa della mia giovane età, lo vedevo come un qualcosa che mi poteva far male. Oggi, a distanza di anni, non posso che ringraziarlo, perché ho capito che voleva spingermi con decisione a tirar fuori caratterialmente quel qualcosa in più. Tornando in città, dopo il ritiro, non sapevo ancora se sarei rimasto oppure se sarei andato a giocare in Serie B o C. A Roma dovevamo fare l'amichevole per la presentazione della squadra all'Olimpico con il Valencia. Un dirigente mi disse che Mazzone aveva parlato bene di me e che mi avrebbe voluto giudicare durante la partita. Ebbi la comunicazione che avrei cominciato dalla panchina e di conseguenza dissi a Totti di andare ad allenarci nello stanzino dello stadio, nel quale si poteva giocare anche a calcio tennis. Solitamente ricordo che chi non partiva dall'inizio scendeva di sotto e andava a riscaldarsi in quel modo. La sfortuna volle che appoggiando il piede a terra si girò la caviglia e mi feci male. Andai dal medico Alicicco e gli dissi che non ce la facevo nemmeno a mettere lo scarpino e lui mi disse di non dire niente e di andare in campo. Nel frattempo arrivò Mazzone e chiese cosa stesse accadendo. A quel punto il medico gli disse che mi ero fatto male alla caviglia giocando a calcio tennis e lui si arrabbiò di brutto; dalla sua bocca uscì di tutto e di più. Devo ammettere però che da quel momento cambiò tutto e tra noi si instaurò un rapporto di ammirazione e stima reciproca.
Dopo circa un mese da quell'episodio stavo per firmare per l'Avellino, visto che i titolari erano Annoni, Lanna ed Aldair e si giocava con la difesa a 3. Improvvisamente si fece male Annoni ed il mister mi diede la chance all'Olimpico per Roma-Cagliari, gara in posticipo serale ai tempi su Telepiù. Mi ricordo che Mazzone venne da me, mi diede la maglia numero quattro e mi disse: 'Io non faccio il lattaro, se ti do la maglia significa che ci puoi stare'. Da quel momento iniziò la mia carriera, feci un'ottima gara e da lì giocai sempre. Alla fine dell'anno arrivò anche la convocazione da parte di Sacchi in nazionale. Tutto questo racconto è per ringraziare Mazzone, perché è grazie a lui se ho avuto la carriera che ho fatto. Ho un'ammirazione immensa per questo uomo, gli voglio bene, come voglio bene alla moglie; sono persone splendide. Quando lui andò a Brescia mi chiamò, io in quel periodo avevo ancora due anni di contratto con la Roma, ma avevo problemi con Capello. Non esitai un attimo anche se sapevo di lasciare la Roma, la mia città e la famiglia". A Brescia feci tre anni meravigliosi con lui, mi chiamò anche a Bologna ed anche in quel caso andai di corsa. Da diversi anni non ci siamo più visti e mi dispiace perché gli voglio un bene dell'anima e gli faccio tanti auguri di cuore. Aggiungo anche che Mazzone è stato uno dei più grandi allenatori italiani. Spesso è stato etichettato come difensivista, ma solamente perché ha sempre allenato squadre che dovevano salvarsi, tranne la Roma. Era molto preparato e le sue squadre giocavano a calcio e non è un caso che gente come Totti, Baggio e Guardiola lo ammirino molto. Proprio Guardiola elogiava sempre il mister anche sul lato tecnico per il possesso palla che richiedeva. Secondo me ha avuto meno di quello che meritava sul campo, è stato anche il primo allenatore a fare giocare la linea difensiva a 3. Con la Roma c'era Moriero a destra, che era un'ala, a sinistra Amedeo Carboni, che faceva tutta la fascia, ed al centro c'erano Giannini e Cappioli. Davanti avevamo: Balbo, Fonseca e Totti; era una squadra molto offensiva e propositiva ed ho visto tutt'altro che un allenatore difensivista".
Francesco Moriero.
"Mazzone quando venne a Lecce mi fece esordire in Coppa Italia contro la Juventus. Io facevo parte della Primavera e ricordo che quella partita si giocava a Ferragosto. Ero al mare ed a ridosso della gara si fece male un giocatore. Il mister mi convocò in fretta e furia e andai in ritiro pensando al massimo di poter andare in panchina. Incontrai Mazzone per la prima volta in albergo vicino all'ascensore e sinceramente mi fece impressione per lo sguardo intenso che aveva. Il mister mi vide intimorito e mi disse: 'A ragazzì sei emozionato?', 'No mister, perché dovrei esserlo?', pensando appunto di andare solamente in panchina. E lui: 'Tanto non me ne frega un c***o, oggi giochi'. Questo fu il mio primo impatto con Mazzone, da quel giorno mi diede la maglia e non l'ho più tolta. Mi ricordo anche il mio primo gol al Via del Mare contro il Messina in Serie B. Quella gara non dovevo assolutamente giocarla, perché il sabato in ritiro avevo avuto un attacco di appendicite. Ricordo che mi portarono all'ospedale con il dottore Palaia e tornai in albergo durante la notte. Mazzone il giorno dopo, durante il pranzo mentre lo guardavo per cercare di attirare la sua attenzione, mi disse: 'Non mi guardare, perché stai male e non giochi'. A quel punto io risposi: 'Se mi fa giocare faccio gol', e così fu, segnai e lo andai ad abbracciare. Da quella volta ad ogni mio gol, sia a Lecce che a Cagliari, lo andavo ad abbracciare e questo successe anche con l'Atalanta per il mio primo gol in Serie A. Per me Mazzone è stato un padre, mi portò anche in ritiro insieme a lui in Serie B. Stavamo in albergo da soli, io avevo 17 anni e mi insegnò a vivere da professionista. Facevamo colazione, pranzo e cena insieme ed alle 21 dovevo andare a letto. Il mister mi volle anche a Cagliari e mi ricordo che Cellino mi voleva fare il contratto a 5 milioni di lire a gol, però Mazzone glielo vietò dicendo: 'No presidente, glielo faccia ad assist, altrimenti questo tira sempre in porta'. Il risultato fu che quell'anno feci 22 assist. Ho avuto Mazzone per sei anni ed ho tanti episodi che mi legano a lui. Ricordo anche a Roma per esempio che prendeva le magliette e le dava in mano e quando arrivava il mio turno, dandomi la numero sette, mi diceva sempre: 'Ahò, ricordati chi ha avuto sta maglia (Bruno Conti) e vedi quello che devi fare'.
Quando giocavo nell'Inter feci l'esordio a Parma in Nazionale segnando due gol. A fine gara lo intervistarono e disse: 'Si, sono contento per il ragazzino (io sono sempre stato un ragazzino per lui), però deve imparare a fare anche il biglietto del treno di ritorno', riferito al fatto che spingevo moltissimo senza riuscire a fare la fase difensiva con la stessa intensità. Mazzone mi stimolava anche a difendere ed all'epoca giocava con il 3-4-1-2, dicendomi sempre di fare da bandierina a bandierina; io inoltre ero l'unico in Italia in quel periodo a fare il tornante. Mi ricordo a Lecce con i primi soldi mi volevo comprare una macchina e lui mi diceva di metterli da parte, di pensare alla famiglia e di non badare alle cose materiali. Avevo comunque deciso di comprare un auto e lui mi disse: 'A regazzì, se un giorno dovessi trovare i finestrini rotti non ti domandare chi è stato, sono stato io'. Non ho mai capito perché venisse definito come un allenatore difensivista, in realtà lui faceva giocare i calciatori più bravi ed offensivi che aveva. A Cagliari oltre a me c'erano Francescoli ed Oliveira. A Roma eravamo io, Cappioli, Giannini, Balbo, Fonseca e Totti. Mi ricordo inoltre che era molto bravo a stimolarci. Nella settimana del mio primo derby a Roma prendeva gli articoli dei giornali e li attaccava alla porta degli spogliatoi. In quel periodo la Lazio di Zeman andava molto bene, c'erano sempre i confronti con le pagelle e noi della Roma avevamo dei voti più bassi. Vincemmo quella partita per tre a zero e lui andò a festeggiare di corsa sotto la Curva Sud. La stessa cosa la fece anche a Lecce contro il Torino, nello scontro salvezza. La stampa del nord durante quella settimana ci declassò e noi vincemmo per tre ad uno riuscendo a salvarci. Posso affermare tranquillamente che Mazzone durante la partita non riconosceva più nessuno".
Luigi Garzya.
"Se ho fatto e continuo a fare questo lavoro è grazie a lui. Il vero allenatore che mi ha lanciato a Lecce è stato Carlo, che poi ho ritrovato anche a Roma; ricordo che prima di lui c'era Carlos Bianchi ed ebbi la fortuna di riaverlo nel mio ultimo anno a Roma. Mazzone era una persona buona ed è stato il primo allenatore al quale ho visto fare i regali di Natale sia ai giocatori che alle rispettive mogli, l'unico nella mia carriera, si trattava di un vero signore. Mi ha insegnato molto, dallo stare in campo, alla concentrazione, a volte anche in maniera brusca, perché era il suo modo, si incazzava tanto, era sanguigno. Le cose le diceva in faccia e nell'ambito calcistico non è così scontato. Mazzone è stato quello più preparato in assoluto. Dall'esterno probabilmente veniva giudicato in maniera diversa, perché magari lo si vedeva senza cravatta e con quel modo di fare particolare, ed invece è stato uno di quelli più all'avanguardia e moderni in campo. Noi calciatori eravamo talmente preparati che dovevamo pensare solamente a giocare ed a svolgere le cose che ci aveva detto; era veramente minuzioso ed attentissimo su tutto. Una volta ricordo che arrivò quasi ad attaccarmi al muro durante la fine di un primo tempo e lui scherzando mi diceva sempre: 'Garzì, te faccio smette e te faccio tornà in Primavera'. Carlo era perfettamente in grado di dare il bastone e la carota".
Massimiliano Cappioli.
"Ho avuto sempre un grande rapporto con il mister, a lui ho dato tanto ed ho ricevuto altrettanto. Mazzone è un vero intenditore di calcio, che dava la possibilità a tutti di esprimersi. Era un grande esperto di giovani, capiva quando si trovava di fronte un ragazzo con tutte le qualità per arrivare in alto, ma in ogni caso dava visibilità anche a quelli meno bravi. Non aveva peli sulla lingua diceva le cose in faccia. L'aneddoto che mi ricordo maggiormente è quello relativo al derby vinto per tre a zero. La settimana prima, ogni giorno, attaccava gli articoli dei giornali sulla porta, senza mai entrare nello spogliatoio. Ricordo che arrivava, bussava e ci diceva: 'Questo è quello che dicono di voi, vedete quello che potete fare'. Quella domenica fu un massacro, 0 a 3, stupendo e bellissimo. Mi ricordo anche durante una partita quando ad un difensore chiese: 'Ma te quanti gol hai fatto in Serie A?'. La risposta fu: '3', e Mazzone: 'E allora che c***o vai a fa in attacco, torna in difesa'. Io per la prima volta l'ho avuto a Cagliari, mi ricordo che mi ruppi il ginocchio e non giocai per tante partite. Mi trovavo a Roma perché stavo facendo la fisioterapia, ci fu l'esonero di Giacomini ed al suo posto chiamarono Mazzone. All'epoca ancora non conoscevo il mister e lui ad un giornale disse che, a causa del mio infortunio, gli mancava il 50% della sua squadra. Quella dichiarazione mi lasciò basito e da lì in poi ho sempre avuto uno splendido rapporto con Carlo. Diciamo che spesso lo facevo arrabbiare, però ho fatto tanti gol importanti per lui".
Leonardo Menichini.
"Nel 1991 allenavo il Riccione e Mazzone mi chiese di collaborare con lui al Cagliari. Salvammo quella squadra e l'anno successivo ci qualificammo per l'allora Coppa Uefa. Nel 1993 Franco Sensi divenne presidente della Roma ed il suo primo allenatore fu proprio Carlo. In quegli anni nella capitale abbiamo lanciato un sacco di giovani, Totti su tutti. Il mister in fatto di giovani se ne intendeva, visto che poi a Brescia inventò Pirlo regista davanti alla difesa. Ricordo con piacere anche le stagioni di Bologna, nelle quali facemmo un grande calcio, con il raggiungimento della semifinale di Coppa Italia e quella di Coppa Uefa con il Marsiglia. Non riuscimmo ad arrivare in finale solamente per il gol preso in casa (1-1) mentre in Francia la partita finì 0 a 0. In quegli anni giocavamo già con un modulo moderno, con giocatori tecnicamente validi. Mazzone diceva sempre: 'In mezzo al campo è come guidare nel traffico, quindi devi saper giocare'. Sugli esterni voleva calciatori che correvano, ma al centro del campo amava la tecnica, come quella che avevano Pirlo e Giannini; Carlo voleva sviluppare il gioco a tutti i costi. Vi racconto anche di Guardiola, che era il primo anno che giocava in Italia ed arrivando a Brescia pensava di trovare una realtà diversa, diciamo più da squadra provinciale. Mi ricordo le serate che facevamo nel ritiro a Coccaglio a parlare di calcio e già si capiva che sarebbe diventato un grande allenatore. Pep rimase favorevolmente impressionato perché facevamo un calcio di matrice spagnola, fatto di possesso palla e circolazione. L'attuale allenatore del Manchester City dedicò a Mazzone anche una Champions League, quella vinta con il suo Barcellona contro il Manchester United. Posso testimoniare in maniera diretta che, in quattordici anni che ho collaborato con lui, non ha mai lavorato sulla fase difensiva.
A Carlo piaceva allenare dal centrocampo in su. Mi ricordo che ci dividevamo i compiti ed a me assegnava sempre quelli della difesa. A lui piaceva fare il possesso palla, gli scambi, i tiri e le situazioni di gioco offensive. Il suo motto era: 'La tattica è il pane dei poveri, la tecnica è il pane dei ricchi'. Carlo ha sempre scelto giocatori di qualità, come ad esempio: Roberto Baggio a Brescia, Signori e Kennet Andersson a Bologna, Francescoli ed Oliveira a Cagliari e Fonseca e Balbo a Roma. Inoltre devo dire che ha sempre giocato con gli esterni offensivi, come Moriero che poi arrivò anche in nazionale. Le critiche a Carlo sul fatto di essere difensivista non le comprendo. Quando diverse volte è capitato di subentrare in corsa ci siamo trovati ad avere una squadra costruita da altre persone, con una rosa già allestita ed un lavoro già impostato. In quei casi abbiamo cercato di trovare rimedi opportuni per arrivare alla salvezza ed ovviare alle difficoltà oggettive del momento. Chiaramente in quelle occasioni c'era la necessità di fare legna, piuttosto che lo spettacolo, però in quei casi è stato importante aver raggiunto gli obiettivi finali. Il ricordo di quel Brescia-Atalanta è ancora nitido. Perdevamo tre ad uno, dopo essere passati in vantaggio. Inutile ricordare la grande rivalità tra le due tifoserie e durante la partita i bergamaschi offesero pesantemente lui e la famiglia. Mazzone, al gol del tre a due, si girò verso la curva ospite e disse: 'Se facciamo il tre a tre vengo là sotto'. Al gol del pareggio abbiamo visto scattare il mister, ma sinceramente tutti pensavamo che al massimo potesse fare dieci metri e poi tornasse indietro. Invece è partito e sia io che Piovani abbiamo cercato di prenderlo in tutti i modi per fargli evitare la squalifica, ma ormai era lanciato. Devo dire che quel gesto è stato ampiamente giustificato per le tutte le ingiurie ricevute durante la partita. Mi ricordo che Collina lo buttò fuori e Mazzone disse che aveva ragione, purtroppo in certi momenti può capitare ed è stata una corsa istintiva. Quell'episodio non toglie nulla alla carriera splendida. Io attraverso di voi torno a ringraziarlo e sono veramente grato per tutto quello che mi ha insegnato, sia sportivamente, ma soprattutto come palestra di vita. Lo ringrazio sotto il profilo umano ed ancora un grazie da parte mia e di tutta la mia famiglia".
Francesco Totti.
"Faccio tanti auguri al grande mister per i suoi 85 anni, mamma mia ahò, beato a te! Un grande abbraccio, un bacione e speriamo di vederci presto".
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