"Il Campione", Andrea Carpenzano: "Sono nato e cresciuto con la Roma nel cuore"
L'intervista al protagonista del nuovo film di Leonardo D'Agostini: "Totti o De Rossi? Il primo è arte, il secondo è romanismo puro"
«Piacere Andrea». La voce è quella di un ragazzo semplice. E, infatti, Andrea Carpenzano lo è. Nato a Roma, tra San Giovanni e Ostiense nel 1995, non gli piace essere definito "attore". «Ma non perché voglio fare lo snob», dice, «piuttosto perché sta parola comporta troppa responsabilità». Attore o no, Andrea da oggi sarà al cinema nel ruolo di Christian Ferro, un calciatore indisciplinato dell'As Roma che sarà rimesso in riga da Valerio Fioretti, un professore di storia e filosofia, interpretato da Stefano Accorsi. Il film, intitolato "Il Campione", ha portato Andrea, grande tifoso romanista da sempre, a entrare nel cuore pulsante di Trigoria. «È stato strano. Non ero mai stato sul campo, in palestra, in piscina». Una pellicola che parla di successo che dà alla testa, di regole non rispettate, di mancata professionalità e della possibilità di riscattarsi, di essere migliori. Tutto portato in scena da un protagonista che, nella vita reale, è romano, romanista, mai stato bravo a scuola, nè a calcio, ma a cui i professori hanno sempre voluto bene.
Andrea, oggi al cinema uscirà "Il Campione". Perché andarlo a vedere?
«Mah perché insomma credo che a Pasqua uno c'abbia poco da fare e quindi magari, tra una grigliata e l'altra, va al cinema».
Interpreti il protagonista, Christian, un "campione" della As Roma. Sognavi di diventare un calciatore da piccolo?
«Ricordo che sono andato da mia madre e le ho detto "mamma mi vorrei iscrivere a calcio" e lei mi ha risposto "no, non ti puoi iscrivere a pallone perché diventi un coglione". Da lì mi hanno spezzato le gambe e quindi niente».
Hai ripiegato su qualche altro sport?
«C'era una palestra orrenda vicino casa dove facevano scherma. Mi ricordo che erano tutti ricchi. Io c'avevo tutte le cose usate. E quindi ho iniziato scherma, è andata anche molto bene però, insomma, io e lo sport non siamo andati mai troppo d'accordo. Mi piace più guardarlo».
Soprattutto le partite della Roma, la tua squadra del cuore.
«Sono romanista da sempre e soprattutto mi sono creato da solo perché mio padre è siciliano e mia madre è romagnola. A tutti e due non gliene frega assolutamente niente del calcio. Io sono cresciuto a Roma, quindi la scelta è quella, poi i colori sono meravigliosi e poi, quando sono nato io, Totti era nel pieno della sua carriera. E quindi è stato davvero facile innamorarsi».
Frequenti lo stadio?
«Andavo molto spesso in curva, sono stato anche per uno o due anni abbonato. Però poi un po' per pigrizia, un po' perché non ero bravo a cantare i cori, per il bene della Roma, ho deciso di non andare più».
Chi vorresti sulla panchina della Roma?
«Nessuno in particolare, vorrei soltanto il bene della squadra. Sono un tifoso molto disinteressato a riguardo; dirigenza, giocatori, allenatori, non mi interessano. Quelli che ci sono ci sono. Poi la società che abbiamo in questo momento è un po' strana, un po' assente, però non entro nel merito. Voglio solo che l'allenatore che verrà ami Roma e rispetti i proprietari della squadra, che sono i tifosi. Basta quello».
Molte scene del film sono state girate a Trigoria. C'eri mai stato?
«C'ero stato qualche volta a vedere la primavera ma non ero mai stato sul campo, in palestra, nelle vasche, in piscina. È stato strano, anche perché mi ricordo che tornavo a casa da piccoletto e mentre mangiavo mettevo Roma Channel, guardavo Pipolo che s'allenava. Poi vabbè solo un giorno non sono andato sul set, e proprio quel giorno è passato Totti».
Foto Pirrello
Totti o De Rossi?
«Sono due tipi completamente diversi. Due zone di Roma totalmente diverse, entrambi romanisti ma in maniera totalmente diversa. Uno è proprio il romanismo, l'altro è più l'arte in sè per sè».
Per recitare la parte di Christian ti sei ispirato a qualche campione in particolare?
«Ma sai, io ho sempre visto il calcio nella sua totalità, non solo la Roma, perché è uno sport meraviglioso. Il campionato italiano è costellato di personaggi molto simpatici. Ho sempre guardato le partite concentrandomi sulla faccia dei giocatori, cercavo di capire chi era un po' più paraculo degli altri, chi un po' più intelligente, chi un po' più stronzo. E tuttora, quando mi vedo le partite ci faccio caso, mi diverte, i calciatori hanno delle personalità molto divertenti. E poi ovviamente vedi Balotelli, la naturalezza di tutte quelle stronzate che fa e pensi che sia un genio. Oppure Cassano, una pazzia poetica».
Nel film te sei un ragazzo di borgata, che viene dal Trullo. Ma nella realtà Andrea di che zona sei?
«Sono un po' un meticcio, sono cresciuto tra San Giovanni e Ostiense».
Nel film al "campione" Christian viene affiancato un insegnante che gli faccia prendere la maturità. Te, Andrea, che rapporto hai avuto con la scuola?
«È facile dire che avevo un brutto rapporto perché andavo male. Ma non è così. Ho avuto un rapporto meravigliosa con la scuola. Non ci andavo quasi mai, non studiavo perché pensavo ad altre cose in quel periodo, non riuscivo a stare fermo. Ora sono molto calmo ma prima ero sempre agitato. Però, insomma, andavo anche a bere la sera con i miei professori, mi volevano tutti bene. Lo sapevano che non avrei mai fatto niente, però c'è sempre stato un rapporto di scambio, parlavamo di vita, non di studio».
Foto Antonello & Montesi
Con Stefano Accorsi come ti sei trovato?
«Io sono scarsissimo, sono l'ultimo arrivato di un qualcosa di più grande che io non conosco, che è il cinema. Guardo, osservo, non giudico, imparo. Lui è molto disciplinato come persona, ci siamo trovati bene».
"La sfida più grande è quella con te stesso". Si può dire sia questo lo slogan del film. Quanto ti appartiene questa frase?
«Mi sono arreso a me stesso, nel senso che non sto in sfida con me stesso, non mi interessa, è una cosa lontana da me. Mi lascio andare, poi se succede qualcosa di brutto bene, se succede qualcosa di sbagliato meglio, se succede qualcosa di bello va bene uguale, non sto in sfida con nessuno, pensa con me stesso».
Hai recitato anche in "Tutto quello che vuoi" e in "La Terra dell'abbandono", interpretando i ruoli di Alessandro e Manolo. Sempre ragazzi, sempre romani, sempre in cerca di riscatto.
«Mi è capitato nell'arco di poco tempo di essere Alessandro, Manolo e Christian. Sono tre personaggi meravigliosamente diversi tra loro che però, forse, hanno la stessa mamma. Te sei uguale a tuo fratello? No, sei totalmente diversa però vostra madre è la stessa. Ecco, è così.
A legare questi personaggi ci sono gli occhi tristi, per esempio, anche se poi sono persone totalmente diverse».
Ma in tutto questo, come hai iniziato a fare l'attore?
«In realtà ancora non ho iniziato, sono una pippa, non sono un "attore", troppa responsabilità. Ma comunque per caso, una mia amica mi ha costretto ad andare a questo incontro, a cui non volevo mai andare, per il film di Bruni. Era un incontro per un ruolo più piccolo, ci siamo conosciuti con il casting, non so perché ma gli sono piaciuto e quindi mi hanno provato per il ruolo principale. Da lì non ho più pensato, non ha mai avuto un piano A o un piano B».
Progetti futuri?
«Attualmente sono vicino Londra, sto girando un film. Oddio non mi ricordo mai quello che posso dì. Ah sì questo te lo posso dì. Un film con Clive Owen».
Foto Pirrello
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