Cronaca

Insicuri e felici, quelle armi facili dritte al cuore

Il libro di Luca Di Bartolomei: dalla questione privata a quella democratica: "Il nodo è la percezione di essere in pericolo. C’è un inganno culturale e comunicativo"

PUBBLICATO DA Gabriele Fasan
24 Marzo 2019 - 10:44

Un libro che nasce dai suoi figli e che ad Anna, la sua secondogenita, e «a tutte le donne del domani, ché ancor di più rischiano di essere vittime di una falsa idea di sicurezza», è dedicato. Non fa giri di parole fin dalle premesse, Luca Di Bartolomei, che ieri a Palazzo Merulana ha presentato il suo libro Dritto al cuore,  edito da Baldini+Castoldi, assieme ai suoi ospiti, l'ex premier Enrico Letta, l'attrice Silvia D'Amico, che ha letto alcuni passaggi del lavoro, e il giornalista Marco Damilano, che ha moderato il dibattito.

Un lavoro che spiega perché una pistola non ci libererà mai dalle nostre paure. Già, la paura. È anche da qui che arriva l'esigenza di parlare di armi e sicurezza, dalla «paura che quanto mi è capitato da figlio possa ripetersi. Abbiamo diritto a vedere le persone che amiamo vivere sicure». Inevitabile il riferimento ad Agostino, capitano romanista mai dimenticato. Anzi, voluto e subito rivendicato: «Se qualcuno mi accusa di voler utilizzare la vicenda privata coglie nel giusto». Non ha nulla contro le armi, né si reputa per forza un pacifista l'autore, ma alla domanda sulla difesa «deve rispondere lo Stato ed è quando non si ha più fiducia nelle istituzioni che si agisce in proprio». Dritto al cuore, infatti, introduce Damilano, «è un tentativo coraggioso di andare contro corrente: a quasi 25 anni da quella giornata, quel 30 maggio, esce un libro che in realtà parla di tutti noi e della nostra democrazia». Partendo da un presupposto, che non esiste sicurezza se non basato su una cultura di fondo. E dai dati reali.

«Alla violenza, anche verbale, che patiamo tutti i giorni - afferma Di Bartolomei - non stiamo opponendo una giusta risposta. Gli italiani sono i più impauriti dei Paesi guida europei, pur di fronte a dati che ci dimostrano il contrario. Io sono nato nell'82 e gli omicidi in Italia erano 2.400. Ma giochiamo un attimo con Ago: quando tra il '73 e il '90 era in Serie A la media di omicidi era sopra ai 2.000. Le rapine sono in calo da 15 anni. È un mondo che sta ogni anno meglio. E la previsione del Censis ci dice che con le armi più libere si tornerebbe ai livelli degli Anni 80».

L'inganno culturale e comunicativo

Qui è il focus, secondo Di Bartolomei: «C'è un grande inganno giocato su due fattori: uno culturale e l'altro comunicativo. Si propagandano come reali impressioni ed emozioni che non lo sono. La gente non mente, percepisce davvero di avere paura. Se il garante della nostra sicurezza dice "prendete la pistola", io ho paura che quella pistola vada a finire vicino ai nostri figli. Perché abbiamo fiducia nelle forze dell'ordine ma vogliamo le armi? È illogico. Nella sua modestia, il mio vuol essere un messaggio culturale. Dobbiamo renderci conto e non lasciarci ingannare, è già un primo passo. Fondamentale». Come se non bastasse, il mondo è cambiato, la tecnologia ha regalato possibilità per certi versi inesplorate, «non ne cogliamo tutta la potenza se non per usarne i valori in maniera distorta. Tra il 2006 e il 2008 siamo stati posti nel centro della bolla che percepiamo essere il mondo. Dai social e dagli smartphone. Un tempo avevamo paura degli uomini che venivano dall'Est a rubarci il lavoro. Oggi gli obiettivi sono i migranti e le donne. Dieci anni fa è iniziata una rivoluzione al contrario, di cui la comunicazione ha enormi responsabilità. Con la comunicazione che degrada, si prendono sempre meno sul serio le cose gravi e se ne fa barzelletta». È un tempo complesso, caratterizzato da una lettura semplicistica delle cose: «La cronaca nera ha più esposizione nei tg e nell'intrattenimento rispetto al resto. Basta pensare al femminicidio di matrice "straniera" per scoprire come viene trasformata la realtà in una percezione di continua minaccia. Noi viviamo vicino a una caserma delle forze dell'ordine, ma la donna con cui vivo, la madre dei miei figli, qualche volta ha paura».

Per questo, secondo Enrico Letta, «bisogna ringraziare Luca, che è un "piccolo Greta" (l'attivista svedese simbolo della tutela ambientale del pianeta, ndr), e Marisa (la vedova di Agostino), per aver fatto forza su loro stessi e aver dato alla luce questo libro potentissimo che farà parlare. Che arriva in un tempo giusto, quando cioè l'Italia è ripiombata nella tristezza, colonia culturale della peggiore parte degli Stati Uniti. Trump lo abbiamo tutti sottovalutato perché ridicolo, ma ha troppo fascino nelle menti deboli».

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