Arresto De Vito: tutto è partito dalla confessione di Parnasi
L'ordinanza: a Rebibbia l’imprenditore raccontò dei suoi legami con l'ormai ex presidente dell'assemblea capitolina e Mezzacapo
Tutto ha avuto inizio, o quasi, il 14 luglio dello scorso anno, quando Luca Parnasi, ancora detenuto nel carcere di Rebibbia, venne ascoltato dai PM Paolo Ielo e Barbara Zuin nell'ambito dell'inchiesta Rinascimento.
Le dichiarazioni rese da Parnasi in quella data costituiscono infatti il Capo 1 dell'impianto accusatorio, di 260 pagine, nei confronti di Marcello De Vito, dell'avvocato Camillo Mezzacapo, e degli altri indagati. Partendo dalla testimonianza di Parnasi si è quindi proceduto a ricostruire un rapporto che andava avanti fin dal febbraio del 2017. I due entrano in contatto non per lo stadio della Roma, ma per un altro affare dell'imprenditore romano, quello di Ecogena con Acea. Qui Marcello De Vito si offre come tramite e indirizza Parnasi verso lo studio di Camillo Mezzacapo. «Lo studio legale Mezzacapo indicatomi da De Vito - dice Parnasi nell'interrogatorio - era stato come ho detto lo studio in cui in precedenza De Vito lavorava, almeno così ho capito, ed ha avuto un ruolo molto importante nella transazione con ACEA. Io ho scelto questo studio proprio perché indicatomi da De Vito. Io avevo un rapporto molto buono con Marcello De Vito con il quale c'è stata una frequentazione ufficiale assidua durante l'iter per l'approvazione del progetto stadio».
Ecco quindi lo stadio, ma come sfondo, come scenografia, davanti alla quale muoversi per altri interessi. Emerge dalle carte come per esempio Parnasi con De Vito intendesse favorire lo spostamento della sede di ACEA all'interno del Business Park che sarebbe sorto vicino allo stadio. Fatto questo chiarito nel corso di un secondo interrogatorio di Parnasi nell'ottobre dello scorso anno. Altro esempio è una conversazione del 31 maggio del 2018, in cui Parnasi, De Vito e Mezzacapo parlano di un'operazione immobiliare nell'area dell'ex Fiera di Roma. Entra in scena la famosa "delibera Berdini", che riduce la cubatura complessiva dell'area in modo consistente. La soluzione al problema per De Vito è mettere "le cose insieme" e fare "un progetto con la Legge sugli Stadi".
Una strada che poi non si sarebbe rivelata praticabile, ma che conferma come gli interessi tra le parti andassero ben oltre lo stadio della Roma. Esemplari anche la parte terza e quarta dell'ordinanza, quelle che riguardano i rapporti con la famiglia Toti e con il gruppo Statuto. I rapporti con i Toti riguardanti l'area degli ex Mercati Generali sarebbero emersi da una intercettazione del 4 febbraio scorso, quindi mesi dopo l'arresto di Parnasi, a prova anche della disinvoltura e l'incoscienza con cui avrebbero agito De Vito e Mezzacapo. Proprio in questa intercettazione viene chiarito anche il modus operandi dei due. «A fine man… - dice Mezzacapo a De Vito - quanto tu finisci il mandato, se vuoi ci facciamo mandare solo le sponsorizzazioni di MDL (la società creata come cassaforte dai due, ndr). Poi la chiudiamo e distribuiamo i liquidi e sparisce tutta la proprietà". In sostanza sembrerebbe che quanto illecitamente ottenuto non sarebbe stato toccato. Anzi, «ci mettiamo tranquilli e ci facciamo un prepensionamento dignitoso», sarebbe il piano di Mezzacapo. Un colloquio questo definito dal gip nell'ordinanza come «illuminante», in quanto spiega «in modo inequivocabile il patto scellerato che lega De Vito a Mezzacapo, dando chiara dimostrazione di come le somme confluite nella società Mdl, formalmente riconducibili solo al secondo, siano invece anche del pubblico ufficiale che appare, peraltro, impaziente di entrarne in possesso».
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