Con Venditti e De Gregori Roma ha vinto di nuovo
I 45.000 presenti ieri allo Stadio Olimpico incantati dalla reunion sul palco tra i due artisti romani e romanisti. Tre ore di concerto e tanto giallorosso
Partirono in due ed erano abbastanza. Cinquant'anni fa esatti, con Theorius Campus, album dell'omonimo duo musicale pubblicato da It nel 1972, composto da due figli del Folkstudio, Antonello Venditti e Francesco De Gregori, che hanno illuminato il weekend romano con il concerto-evento (inizialmente previsto per il 5 settembre 2020 e poi rimandato a causa del Covid-19) che ha sancito la storica reunion fra i due artisti romani e romanisti. Per la prima volta su un palco assieme a cantare (in studio De Gregori aveva partecipato a "Io e mio fratello" di Venditti nel 2003) e duettare, attraversando mezzo secolo di storia della musica italiana, infiammando un pubblico che lo stesso Venditti ha descritto ieri in una diretta su Instagram «come una famiglia, il miglior pubblico che potessi desiderare». Antonello e Francesco son tornati a far cantare l'Olimpico dopo le notti magiche della nostra e loro Roma, che è tornata ad alzare un trofeo internazionale dopo 61 anni: «Grazie Roma, adesso lo dico io», ha detto De Gregori dopo la canzone che aperto il concerto, "Bomba o non bomba". Inizio simbolico di quel filo conduttore della musica impegnata e d'amore che ha contraddistinto le carriere dei due "mostri sacri" della scuola romana. Un omaggio agli spettatori gli incroci di voci nelle canzoni l'uno dell'altro, con De Gregori che avrà pensato «ci vorrebbe un amico a cui concedere di cantare al posto mio "La donna cannone"».
Con Venditti che avrà pensato a quanto rock è passato lento sulle loro discussioni prima di lasciar cantare a chi lo conosce da sempre che tutto quel che cerca e che vuole è solamente amore. L'amore in tutte le sue facce, anche per l'impegno civile, per quell'Italia che lavora e che resiste, urlato forte sul prato e sulle tribune dell'Olimpico. Sempre e per sempre, dalla stessa parte. E poi Pablo e Peppino, Sara e Alice, il Titanic e Modena in un mondo di ladri. E l'omaggio, con "Canzone" e l'intro di "Com'è profondo il mare", a Lucio Dalla, l'amico comune prematuramente scomparso da questo mondo, ma ancora presente nelle note portate dal vento. L'omaggio alla città, poi, nella «più bella canzone su Roma mai scritta da un essere umano» (così l'ha presentata Francesco): Roma capoccia.
La musica, per tre ore senza soste, ha dominato l'Olimpico, riempito da 45 mila persone, che hanno cantato, ballato anche con un certo disordine sul prato-platea nel divertimento di tutti, e hanno colorato soprattutto di giallorosso l'impianto del Foro Italico. Giallo e rosso, come i colori di Roma, e quelli del palco per la canzone come sempre chiude i concerti di Antonello. «Non potevamo finire senza questa cosa», ha detto De Gregori che ha esultato con «Grazie Roma» e libera il privilegio di non doverla canticchiare solo dopo le partite, ma finalmente davanti al pubblico, che ha finito con una standing ovation senza fine per i due "Falegnami e filosofi" (è il docu-film che racconta le prove del tour) e con il coro "i brividi mi vengono".
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