Marco Giallini: «Ho conosciuto Totti, mi ha detto "A Giallo"»
Il noto attore romano è stato ospite a "Raccontami di te" di Alessandro Pieravanti de Il Muro del canto presso il locale «'Na cosetta» al Pigneto
Una serata tra risate e aneddoti di vita mercoledì a ‘Na Cosetta, il locale in via Ettore Giovenale, zona Pigneto. Il format è sempre lo stesso, in collaborazione con Radio Sonica. Si chiama "Raccontami di te" e a presentarlo è Alessandro Pieravanti del famoso gruppo musicale romano Il Muro del Canto. Ogni due mercoledì un ospite d'eccezione affianca il conduttore per raccontarsi in modo inedito attraverso le proprie passioni e influenze, spaziando tra musica, letteratura, cinema, viaggi e arte. Questa settimana è toccato al grande attore, romano e romanista, Marco Giallini. «L'ultima volta che ci siamo visti qui è stato il 31 gennaio», esordisce Alessandro. «Nel frattempo hai fatto tanti film, hai fatto tante cose. Ma ripartiamo dalle tue origini». Iniziano due ore di musica, racconti, sketch e cinema, di racconti personali, di vita privata e di lavoro, di risate a suon di gin.
Il locale è pieno, tutti sono attenti, non distolgono lo sguardo dal protagonista della serata, seguono passo passo la sua ironia, la sua completa colloquialità. Parte la prima canzone e Marco ricorda che era la «sigla finale di un programma con Lando Buzzanca e Delia Scala. Avevo 7/8 anni. Mi metteva una malinconia infinita, perché finiva, era come la domenica. Il televisore poi...si chiamava Geloso, dovevi alzarti e cambiare canale a mano». Ricorda poi un capitolo triste della sua vita privata, la scomparsa del fratello. «Avevo due fratelli più grandi, purtroppo uno non c'è più, è morto giovane. Li seguivo molto». Così come seguiva il grande amico Ezio Iannacci: «È stato uno degli ultimi grandi amici che ho avuto. L'ho conosciuto in un film di Sergio Castellitto, "La bellezza del somaro". Andavamo a cena tutte le sere. Poi purtroppo si è ammalato».
Prosegue la puntata, portata avanti in maniera magistrale da un bravissimo Alessandro Pieravanti. Si parla di musica, si ricordano i New Trolls, di cinema, con l'interpretazione gialliniana della celebre scena del semaforo di Gigi Proietti. Il lessico è sempre lo stesso, il romanesco, quello vero, quello che a casa Giallini è la base. «Capace per chi non è di Roma vuol dire impossibile. Magari qualcuno di voi è giovane e non lo sa. Mi padre diceva solo "capace". Dice "Ma viene coso?" "Capace". Lavorava nelle fornaci, dove si facevano i mattoni. Respirava amianto, polveri, fumava due pacchetti di Marlboro al giorno, l'unico lusso che si permettava, e giustamente è morto di quella patologia di cui sono morti in parecchi...».
Parlando di padri, Alessandro gli consegna una lettera, scritta dallo stesso Marco un bel po' di tempo fa. La legge. È emozionante, parla della sua famiglia, dei due figli, Rocco e Diego, della moglie Loredana scomparsa per un'emorragia cerebrale, della sua visita in carcere, a tu per tu con ragazzi ergastolani.
Parla anche della Roma, ovviamente. «Quando mi hanno presentato Totti mi ha detto "'A giallo" e mi sembrava strano che lui mi conoscesse. Ma invece 'o, mi devo rende' pure conto che so' un pezzo grosso», dice ridendo. Racconta poi della sua prima partita allo stadio, un derby, e di una delle ultima in Coppa dei Campioni, in tribuna autorità. «Mi siedo e sento tutto calore dietro la schiena. Ho pensato "ci siamo, ecco l'infarto". Poi Del Vecchio mi dice che erano i sedili che se' scallavano".
Tra una canzone e un'altra, Marco, oltre ad essere un attore, è anche uno che ama il cinema, che lo guarda. «Mi sono piaciuti tanti film recenti. Più di tutti "Birdman", del regista messicano Alejandro González Iñárritu. Mi ha colpito. Fanno di tutto in quel film, fumano, cantano, è pazzesco».
Pieravanti rivela poi un segreto dell'attore, una di quelle informazioni che «se la cercate su internet non la trovate». Il primo film in assoluto in cui appare Marco Giallini è "Grandi magazzini". «Cercavano cinque o sei ragazzi alti. Io la mattina facevo l'imbianchino. "Ti possiamo dare massimo 250 mila lire al giorno". Non ci credevo. Mio padre guadagnava 30 mila lire al giorno. Pensavo mi stesse prendendo in giro. E invece no», racconta Marco.
Il 28 febbraio lo vedremo di nuovo al cinema, insieme a Valerio Mastandrea, in "Domani è un altro giorno". «È un grandissimo film. Non lo dico mai, ma in questo caso mi sento di dovere di farlo. È girato tra Canada, Barcellona, Roma», dichiara l'attore. Conclude con la sua passione per la cucina, «cucino la carbonara di asparagi». Ma alla domanda «Dicci, come si fa?» risponde, con la sua romana ironia, «E che ca**o ne so?».
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