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Bardo: è l’intimo ritorno a casa di Inarritu

Al cinema già da qualche settimana, uscirà il 16 dicembre anche sulla piattaforma di streaming Netflix. Il regista messicano riesce a mettere a nudo la propria anima

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La locandina di "Bardo"

PUBBLICATO DA Carlo Chinca
01 Dicembre 2022 - 11:48

Dopo sette lunghi anni, il pluripremiato regista messicano Alejandro G. Inarritu torna finalmente al cinema per regalarci, probabilmente, la sua pellicola più intima: Bardo, la cronaca falsa di alcune verità. All’indomani del successo riscosso per la regia di Birdman e Revenant, pellicole entrambepremiate meritatamente agli Oscar, il regista vive una difficile bipartizione esistenziale tra la critica, che lo inserisce di diritto tra i migliori registi del ventunesimo secolo, e il suo lato umano legato alla paura di sbagliare e di deludere le aspettative. Questa condizione è pesata, per anni, a Inarritu, che, però, ora ha deciso di abbracciare ogni insicurezza, capriccio e fantasia per racchiuderli in un unico film.

Bardo è la storia di un noto regista di documentari messicano, Silverio Gama, alterego del regista, che si è perso, sospendendosi tra il paese natio e quello di adozione, gli Stati Uniti. Silverio è un intellettuale in crisi. Mentre è in attesa di ritirare un prestigioso premio internazionale è attanagliato da problematiche relative alla sua identità, alle relazioni familiari, alla follia dei suoi ricordi e alla storia del Messico. Questa è la trama di Bardo, e descriverne le sue qualità visive ed esistenziali è compito della sala cinematografica, che sarà senza dubbio più appagante della fruizione casalinga che offrirà Netflix dal prossimo 16 dicembre. Può darsi che questo film possa attirare critiche per il suo taglio frastagliato, onirico e dispersivo, nonostante quest’opera sia il momento più personale e profondo nel quale il regista sia riuscito a mettere a nudo la propria anima. È un film che può sicuramente non piacere, perchè adotta un approccio così libero e ambizioso nella narrazione da renderlo irregolare e felliniano ma soprattutto in contrasto con la ferrea struttura dei film contemporanei. La macchina da presa del direttore della fotografia Darius Khondji trasforma il mondo in un labirinto illusorio e spesso seducente, fatto di visioni sognanti e di miraggi. Inarritu racconta con un lucidissimo incanto il flusso di coscienza del protagonista attraverso piani sequenza che solo lui riesce a rendere così bene (lo aveva dimostrato in precedenza con Birdman). Ogni fotogramma racconta qualcosa, le sequenze sono potentissime, il livello tecnico magistrale. Siamo talmente abituati a vedere dei film con una struttura in tre atti che quando escono questi capolavori la nostra mente viene rispolverata per ricordarci che il cinema è anche abbandono e fiducia e non solo narrazione. Bardo, difatti, è assolutamente coinvolgente. Non ci resta, quindi, che lasciarci trasportare e accettare la visione.

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